La liberazione del "sapere": il relativismo
Nell'Anti-Triboniana, un volumetto scritto nel 1567 da François Hotman, ’esponente della scuola culta (movimento dottrinale di giuristi che operarono verso la fine del Medioevo per il rinnovamento del diritto allora vigente al fine di comporre una "culta giurisprudenza" filologicamente coerente con le sue radici storiche giustinianee) e pubblicato per la prima volta a Parigi in lingua francese nel 1603, è contenuta un’esplosiva serie di accuse demolitrici sia al Corpus iuris civilis voluto da Giustiniano I, sia ai metodi interpretativi del diritto romano adoperati dalla giurisprudenza medievale e soprattutto dai bartolisti ( giuristi fedeli al modo italiano d'insegnare il diritto, prevalentemente pratico e contrapposto come tale al modo francese, essenzialmente storico e filologico). Questi (François Hotman) sosteneva che ogni entità politica è unica e "spesso cambia a seconda delle stagioni e della mutazione degli usi e delle condizioni di unm popolo". Alla fine concludeva che la legge francese doveva riflettere ogni particolarità della Francia.
Jean Bodin, filosofo, economista e giurista francese che ha influenzato la storia intellettuale dell'Europa con le sue teorie economiche e i principi del "buon governo" esposti nei suoi libri (1530-1596), sostenne persino la relastività dei costumi, citando come esempio il ruolo della danza nel culto.
Nell'Istoria del concilio tridentino, Paolo Sarpi, religioso, teologo, storico e scienziato, cittadino della Repubblica di Venezia, appartenente all'Ordine dei Servi di Maria mise in evidenza la relatività delle leggi e delle istituzioni alle condizioni locali, evidenziando che la stessa morale varia a seconda delle necessità della società.
Robert Burton (1577-1640) evidenziò che "le nostre opere somigliano a tante pietanze, i nostri lettori a ospiti, i nostri libri alla bellezza che uno ammira mentre un altro la disprezza; così il fatto di essere approvati o meno dipende dal capriccio dei singoli". Lo stesso Amleto asseriva che "non v'è nulla di buono o di cattivo, che il pensiero non renda tale"; e Lope de Vega (1562-1635), scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo, arriva a sostenere che il bene ed il male sono definiti dalle società, nei modi che a ciascuna si convengono.
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Nel Rinascimento moltissimi fondamenti del modo di pensare cambiarono; per ancora qualche tempo ci soffermeremo sui tanti, troppi, presupposti formatisi nel modo di pensare degli uomini occidentali.
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