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sabato 14 gennaio 2023

Storia Culturale

 La liberazione del "sapere"

 Tradizionalmente la ragione, suprema facoltà umana, era stata strumento primario della conoscenza, utile per ogni tipo di verità ad eccezione di quelle religiose, rivelate dalla Bibbia.
Gli scritti dell'antichità classica godevano di grande rispetto in conseguenza della ragione naturale che si riteneva esse esprimessero. 

Con l'inizio del Rinascimento la conoscenza conseguita attraverso la ragione fu, in un certo senso, spodestata in quanto fu avviata una ricerca di conoscenza più affidabile. I libri costituivano uno dei veicoli di preservazione e trasmissione del sapere, peraltro rivalutati dalla Riforma protestante che rivalutava il ritorno alle Scritture e alle opere dei Padri della Chiesa.
 In realtà i libri, nel Rinascimento, venivano letti in modo diverso da prima. Nel Medio Evo le scuole di filosofia puntavano ad uno sviluppo coerente di conoscenza e attraverso la ragione stabilivano quale era la via corretta. Nel Cinquecento si disponeva di strumenti più sofisticati per individuare i conflitti fra le scuole e si leggevano i libri (i classici) non tanto per scoprire la verità quanto per distinguere le manifestazioni delle singole personalità.
Cominciò ad essere sempre più difficile individuare fra gli autori antichi chi fosse da ritenere più autorevole. Montaigne sosteneva: " Gli si faccia passare tutto al buratto e non gli si ficchi in gtesta nulla con la sola autorità e a credito; i principi di Aristotele non siano per lui principi più che quelli degli stoici o degli epicurei". Su questa scia ritenne di cattivo gusto Plutarco e Seneca ma liquidò come noioso quanto aveva scritto Cicerone.
Avvenne che l'autorità del sapere trasmesso dai libri veniva contestato sempre più spesso. In una lettera a Keplero nel 1610, Galileo contestò i suoi avversari di affrontare la conoscenza della natura come se potesse essere trasmessa attraverso un libro come fosse l'Eneide o l'Odissea.
Keplero attaccò Robert Fludd (1574-1637), medico, alchimista e astrologo, perchè si affidava agli antichi piuttosto che all'ordine naturale.
Tanti altri pensatori diffidavano della saggezza degli antichi asserendo che erano pagani ed anche peccatori. "Le donne sono cattive e gli uomini anche peggiori. Non c'è differenza tra la loro epoca e la nostra", scrisse Burton. Per Bacone quello greco fu un sapere con infinite controversie, persino sterile e l'intera classe dei filosofi la definì "sofisti", con la differenza che quelli dell'antichità erano stati "vagabondi e mercenari perché giravano di città in città, ostendando la loro sapienza" mentre i filosofi posteriori erano "più severi e contegnosi, perché ebbero sedi fisse, aprirono scuole regolari e non richiedevano denaro alcuno".
(Segue)


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