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lunedì 27 gennaio 2025

Un testo di Enzo Biagi: Anna Frank

 Il 6 luglio del 1942 cominciava la storia di Anna Frank: il signor Otto e la sua famiglia si facevano

murare nel lucernario di un palazzo di Amsterdam. A Francoforte andai una sera a vedere la casa dove Anna era cresciuta. Nel giardinetto c’era un’ortensia sfiorita. Diedi un’occhiata ai campanelli e vi lessi un solo nome: Eugen Bachle. Non volli disturbarlo. La strada era quasi buia, deserta. Su questo marciapiede, pensavo, la bambina, Anna Frank  correva con le piccole amiche. Da questo cancello uscì per fuggire in Olanda.

Il signor Otto Frank era un ebreo tedesco, colto e benestante, che nel 1933, quando Hitler salì al potere, andò con la moglie e le due bambine, Margot e Anna, a cercare un rifugio e un futuro in Olanda. Poi la guerra e le persecuzioni si estesero in tutta l’Europa. “I bei tempi”, scrive Anna, “sono finiti”. Del suo Diario, che con qualche fotografia e la sola cosa che ci è rimasta di questa adolescente sensibile, e in cinquanta lingue.

Nella soffitta, a cui si arriva per ripide scale, non è rimasto quasi nulla che ricordi la volontaria prigionia del commerciante Frank, del suo ex socio Van Daan, della moglie e del figlio Peter e di un loro amico, il dentista Albert Dussel. Soltanto una cartina  sulla quale venivano segnati i progressi delle truppe alleate, e alle pareti i ritagli delle riviste  che gli impiegati del signor Otto Frank e le dattilografe, Miep ed Elly, riuscivano a raccattare. 

Figure di quel tempo: Deanna Durban, Shirley Temple, Ginger Rogers, attrici, la riproduzione di un disegno di Leonardo, l’istantanea di alcuni bambini che mangiano fragole.

Dalla stanzetta di Peter van Daan, il primo amore, il primo innocente bacio di Anna, si vedono un albero carico di fiori gialli ed un ippocastano dalle tenere foglie verdi.

Anna racconta quell’emozione: “Egli venne verso di me, io gli gettai le braccia al collo e gli diedi un bacio sulla guancia sinistra… Storditi, ci stringemmo l’uno accanto all’altro come se non dovessimo smettere mai”.

Quella volontaria prigionia e’ durissima; per l’ambiente ristretto, per la coabitazione che esaspera i caratteri e i contrasti, per la paura della fine. Anna confida ai suoi quaderni l’angoscia: “Stanno arrestando a gruppi tutti i nostri amici ebrei. La Gestapo e’ tutt’altro che rispettosa con questa gente; li trasportano su un carro di bestiame a Westerbrok, il grande campo della Dreute. Secondo noi li ammazzano quasi tutti. La radio inglese  dice che li gassano. Forse è il metodo più spiccio per morire”.

Anna studia francese, legge libri di storia, sogna. Ma la fine della guerra  appare “terribilmente lontana, irreale, favolosa”.

Gli anglo-americani sbarcano in Normandia; attentano al Fuhrer: c’è da essere ottimisti. Anna ha appena compiuto quindici anni, ed è felice. Ma arrivano le SS: c’è stata una spia. Si salverà soltanto il signor Otto. Anna e Margot muoiono a Bergen Belsen nella primavera del 1945, di tifo, la signora  Frank sparisce ad Auschwitz. Non si salvano né i Van Daan né il dentista Dussel.

Si legge nelle pagine di Anna: “Se nonostante le nostre sofferenze restano ancora degli ebrei, vuol dire che un giorno, invece di essere proscritti, saranno presi ad esempio”.

                                    Enzo Biagi

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