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lunedì 6 gennaio 2025

Il pensiero occidentale nel corso dei secoli per flash

Dal Medioevo fino a ...

Il laico Calvacanti e la credente Beatrice.


La figura di Guido aleggia nel poema: quando
Dante incontra Cavalcante de’ Cavalcanti,
padre di Guido e questi gli chiede “Se per
questo cieco carcere vai per altezza d’ingegno,
mio figlio, ov’è?  perché non è ei teco? ”
rende un altissimo omaggio al suo amico di
gioventù.




Nella Divina Commedia Guido Calvacanti, amico di Dante, appare nell’Inferno come colui che “ebbe a disdegno” (X, 63), a causa della sua distanza dalle opinioni comuni, di farsi guidare da Beatrice, che invece rappresenta la scienza divina. Molta letteratura si è interessata del disdegno e ai nostri giorni esistono studiosi, che rifacendosi all’interpretazione tradizionale, ritiene che il rifiuto di Guido sia rivolto non solo a Beatrice, ma anche a Virgilio, simbolo della poesia epica e della certezza religiosa che invece la poesia di Calvacanti, lirica e laica, se non addirittura atea, avrebbe respinto.

Più chiaro è l’accento al dolce lume, messo in bocca a Cavalcante Cavalcanti, che interpreta l’ “ebbe” di Dante come un annuncio della morte del figlio (…”Come? / dicesti “elli ebbe”?  non viv’elli ancora? /  non fiere li occhi suoi lo dolce lume?). Metafora alla lirica siciliana e stilnovisti a il “dolce lume” che non ferisce più gli occhi di Guido, la cui malinconica e funerea poesia  ha rifiutato la luce della Grazia: per lui la ferita dell’amore doveva  necessariamente condurre  alla morte.

Lo stilema del “dolce lume”, dal quale il cieco Guido ha distolto lo sguardo, e’ ripreso nella conclusione del canto, quando Virgilio accenna al “dolce raggio” di Beatrice, colei che invece svelerà gli avvenimenti futuri (“quando sarai dinanzi al dolce raggio/di quella il cui bell’occhio tutto vede/ da lei saprai di tua vita il viaggio).

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