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giovedì 30 aprile 2020

Siamo alla conta dei danni. La "ricostruzione" del dopo coronavirus può competere ad un governo semi-populista ?

Una indagine condotta in questi giorni asserisce che 788.000  famiglie siciliane hanno visto calare il proprio reddito a causa del Covid-19. La fotografia dà la sensazione che uno tsunami si è abbattuto sulla nostra Isola.
Oltre il 15% dei riferimenti presi in esame, pari a 218.000 nuclei familiari, ha visto contrarsi di oltre il 50% il reddito familiare, il 10%, corrispondente a più di 145 mila famiglie, ha perso il 100% delle entrate. 
Hanno sostanzialmente visto contrarsi  il proprio reddito circa 365.000 famiglie.
Viene da chiedersi; cosa accadrà nella non breve fase di "uscita" dallo thunami ?
 Da dove ripartire?  A parte che (è un nostro pensiero) a guidarci fuori e a studiare come impostare il domani non potrà essere un governo palesemente incompetente, sovraffollato come è di populisti. Troppi errori esso ha commesso nella fase iniziale dell'epidemia e lo dimostrano le gravissime difficoltà.
L'uscita dalla grave situazione non può essere quella che vede il governo dispensare elemosine e mance, l'antica strada democristiana dell’assistenzialismo che consente di raccogliere voti. Questo è un percorso disperato e senza sbocchi di risolvere  le gravi criticità del nostro Meridione, oltre che presagio di ulteriori disastri.
Una prima indicazione, che andrebbe accolta sarebbe quella che oggi alcuni giornali propongono è quella di sburocratizzare la vita pubblica; nessun cittadino deve essere messo in condizione di non avere bisogno dei Comuni, degli enti, e degli apparati che creano clientelismo. Bisogna mettere ciascuno di poter camminare con le proprie gambe. 
Leggiamo su un quotidiano che la quarantena in Sicilia è  costata due miliardi e 100 milioni al mese in termini di minor valore aggiunto, con un terzo degli occupati colpiti dal blocco, di cui poco meno di 165 mila lavoratori autonomi. La perdita di fatturato solo per gli autonomi è stata pari a ben un miliardo e 635 milioni di euro circa. In un solo mese di lockdown un lavoratore autonomo siciliano, e molti sono tali, ha perso mediamente 1.740 euro, che i 600 euro compensati ad aprile dallo Stato ristorano per circa un terzo. 
Serve -per la ripartenza-  la liquidità necessaria non solo con prestiti garantiti ma anche con  contributi a fondo perduto. 
Va assicurata ampia tutela a tutti i lavoratori, precari, temporanei, intermittenti o in nero, che rischiano di perdere tutto con conseguenze sulla tenuta sociale dell’area. Serve un sistema di tutela universale dalla disoccupazione legato a percorsi di riemersione dalle situazioni "in nero". Non è il reddito di Cittadinanza perpetuo che consentirà al Meridione di ricostruire una società sana, civilmente ed economicamente.
Per gli economisti va certamente curata la ricostruzione dell’apparato produttivo del Nord  per evitare che si spenga il motore che finora ha trainato il Paese, ma va posta -adesso, subito- cura al Meridione che da decenni (da sempre ?) procede a folle.  Tutto andrà pensato -leggiamo su testi universitari-  orientandosi verso una politica complessiva orientata alla ricostruzione dei diritti di cittadinanza del Mezzogiorno, dai trasporti, alla sanità, all’istruzione attraverso un’accelerazione della spesa per gli investimenti in infrastrutture sociali. Da noi mancano le strade soprattutto. Benissimo la rapida ricostruzione in pochi mesi del ponte di Genova, ma da noi quando le trazzere diventeranno s-t-r-a-d-e ?
E necessario però adottare un modello di politica industriale  che consenta di cogliere le opportunità che già esistono nel Sud attorno alla green economy. La Sicilia deve essere al centro di questo processo. Altro che l'assistenzialismo di marca democristiana, clientelare, quella che ci terrà inchiodata ancora per decenni nel sottosviluppo.
La crisi affidata semplicemente al commercio e al turismo frazionato, è fragile. Lo abbiamo visto in anni recenti. Che fare? Non è vero che in Sicilia non si può fare impresa. Tanto per iniziare deve iniziarsi dall’agro-alimentare, settore di punta del sistema regionale. Non basta che ogni mattina gli autotreni superino con carichi lo Stretto di Messina. Gli stessi devono varcare lo stretto dopo le lavorazioni industriali che oggi -su di essi- avvengono nel continente.
 Finora il governo semi-populista ha concesso la facoltà di sospendere i versamenti fiscali e contributivi relativi ai mesi di marzo e aprile. Apparentemente tale flessibilità concede un respiro e dall’altra il posticipare i versamenti nasconde un potenziale soffocamento. Le imprese, intanto quelle che esistono ed in seguito quelle che dovranno sorgere, devono essere sostenute, iniziando come dicevamo dalle infrastrutture ed in seguito con gli incentivi aggiuntivi a quelli europei (che esistono ma quasi regolarmente tornano, per mancato utilizzo, a Bruxelles).

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