Adolf Hitler ed Eva Braun si suicidano dopo essere stati sposati per un giorno; il grandammiraglio Karl Dönitz diventa nuovo presidente del Reich.
Ancora oggi, persistenti leggende storiche seguitano ad accreditare la tesi secondo la quale Adolf Hitler non sarebbe morto, suicida, il 30 aprile 1945, insieme alla moglie Eva Braun, ma riuscì a mettersi in salvo, trovando rifugio in qualche sperduta landa del pianeta, in Brasile, in Giappone o sulle Ande argentine. Il primo a essere non del tutto persuaso di avere messo le mani sui resti carbonizzati del Führer, fu lo stesso Stalin, i cui soldati si erano impossessati dei macabri trofei di guerra della cancelleria, compresa l’intera famiglia Goebbels. L’autocrate del Cremlino credette, o finse di credere, alla versione secondo cui Hitler avrebbe clamorosamente beffato i nemici, facendo trovare il cadavere di un sosia.
Il 4 maggio 1945, i sovietici rinvennero, nel luogo in cui erano già stati scoperti i resti dei Goebbels, nelle immediate vicinanze degli accessi esterni al bunker della Cancelleria, i corpi combusti di due altre persone, che vennero identificate come Hitler ed Eva Braun. I russi, compiendo la ricognizione sulle spoglie del despota nazista, notarono che mancava circa un quarto della calotta cranica.
Un anno dopo, nel maggio del 1946, Stalin, proprio per accertarsi della sicura morte del Führer, ordinò una contro-inchiesta che portò al fortunoso rinvenimento, a una profondità di 60 centimetri, nello stesso punto in cui erano stati trovati i corpi bruciati di Hitler e della moglie, di alcuni pezzi di cranio. Questi reperti ossei, che rappresentano la parte posteriore sinistra del teschio (due frammenti parietali e uno occipitale), paradossalmente, sono gli unici resti organici tuttora esistenti del dittatore, insieme alla dentatura, peraltro quasi interamente protesica: e ciò per la semplice ragione che sono giunti a Mosca per essere conservati
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