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lunedì 27 marzo 2023

L'eredità del governo populista. Il caos del superbonus

Ingranagi non facili da capire

 Chi ha effettuato spese per i bonus nel 2022 ha tempo fino alla mezzanotte del 31 marzo per inviare all’Agenzia delle Entrate la comunicazione dell’avvenuta cessione del credito. Chi invece non è riuscito a cedere i suoi diritti fiscali a un terzo e comunque avrà effettuato spese nel 2022 potrà semplicemente avvalersi dei suoi personali spazi di detrazioni dirette in deichiarazione dei redditi. Con il conseguente rischio di perderne una parte (anche grande) se la capienza fiscale non è abbastanza.

Secondo l'ENEA per efficientare con il Superbonus una casa indipendente servirebbero 114 mila euro in quattro anni, e per averne diritto appieno bisognerebbe avere in sede di dichiarazione dei redditi imposte da pagare per 28.500 euro, una cifra compatibile con un reddito imponibile al netto di altre detrazioni e deduzioni di 83 mila euro. Un importo lontanissimo dalle buste paghe degli italiani "normali", ossia media.

Sta tutta qui il garbuglio creatosi sulla gestione del Superbonus. 

Secondo il taglio varato dal governo ora in carica occorrerebbe dimostrare di aver effettuato almeno il 30 per cento dei lavori (e quindi averli pagati) entro il 30 settembre scorso per poter avere la possibilità di detrarre al 110 per cento tutte le spese effettuate entro il 31 marzo 2023. Pagare quel 30% -condizione necessaria- è successo che molte famiglie hanno anticipato i soldi, magari facendoseli prestare, per saldare l’impresa, confidando di trovare chi rilevasse il credito ed in molti casi è però andata male in quanto le banche hanno stretto i cordoni della borsa perché avevano già fatto il pieno di crediti e, a loro volta rischiavano di non poter sfruttare appieno il vantaggio fiscale. 

Legge alla maniera populusta

La legge -di impronta populista-  dice che se si rispettano determinate condizioni si matura il diritto ad avere una detrazione fiscale del 110% e che è possibile cedere ad altri questo diritto sotto forma di sconto in fattura o di cessione del credito. Lo sconto in fattura o la cessione del credito però -sulla legge- non erano previste come obbligatorie né era indicato a quale tasso.

Quell'equivoco rischia di far saltare i conti di imprese e famiglie.  L'associazione costruttori valuta che i crediti spettanti alle imprese edili che hanno praticato lo sconto in fattura e non sono riuscite a cedere alle banche sarebbero di 19 miliardi di euro e adesso pongono a rischio 25 mila imprese.

Va tenuto presente che per avere diritto al bonus i lavori vanno terminati, altrimenti se sono state effettuate cessioni intermedie (possibili al raggiungimento del 30 e del 60% dei lavori) l’Agenzia delle Entrate chiede indietro i soldi. Con sanzioni e interessi.


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