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domenica 12 marzo 2023

Alle radici dell'Umanità (10)

IL MONDO ALL'ALBA DELL'UMANITA' pag. 10

La lettura del testo biblico negli ambienti cattolici non è granché comune. In primo piano c'è sempre l'Evangelo e talvolta le Epistole. Un poeta-drammaturgo e diplomatico francese, Paul Claudel (1868-1955), ebbe a scrivere: "i cattolici mostrano un grande rispetto nei confronti della Bibbia e questo rispetto lo attestano standone il più lontano possibile". Va rilevato tuttavia che nella ritualità romana del dopo Concilio Vaticano II la Bibbia è stata abbastanza riavvicinata.

Su queste pagine del Blog stiamo, comunque, inseguendo una lettura storico-archeologica del testo biblico.

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Nella civiltà Mesopotanica esisteva il culto rivolto ad un numeroso pantheon di dei e gli archeologi collegano quella propensione alla circostanza che l'agricoltura dell'antica regione del Sumer  (regione della Mesopotamia -attuale Iraq-) necessitava di molti elementi della natura: l'acqua, il sole, la terra, l'aria e la fertilità. Il culto mesopotanico, dedicando varie forme di sacrifici,  puntava (desiderava) ad ottenere in cambio appropriate condizioni climatiche per un abbondante raccolto.

Una ricostruzione della ziggurat di Ur, alta
più o meno 25 metri, dedicata al dio della luna
Nanna. Si trova nella odierna Tell-Mukayyar,
nei pressi di Baghdad.


Col tempo in tutta la regione si affermò un culto che oggi definiremo "nazionale" col sorgere di un ordine sacerdotale intento alla cura, allo sviluppo e al mantenimento di pratiche rituali. Documenti rinvenuti in quell'area mesopotanica  della III dinastia di Ur riferiscono della presenza di una comunità guidata da 62 sacerdoti (sia maschi che femmine) che esercitavano riti con l'accompagnamento di un coro composto da 180 elementi. Il tutto avveniva all'interno di un tempio e la divinità a cui ci si rivolgeva era quella della fertilità, dell'amore fisico e della guerra. Quella iniziale forma di culto produsse, stimolò, quella che diventerà l'attività artistica: la costruzione architettonica del Tempio.

Realizzare opere architettoniche pianificate, volute dai responsabili e dalle guide delle comunità, si verificò quasi contemporaneamente sia nell'area mesopotanica che in Egitto. Il primo architetto della Storia, di cui si conosce il nome, Imhotep, realizzò una piramide a gradoni che servì come tempio funerario per il faraone Djoser. Quella stessa tecnica architettonica a distanza di oltre 5000 anni (colonne, pilastri, capitelli, fregi ornamentali) è tuttora in uso e le opere di allora sono tuttora in ottima condizione di stabilità.

Quella prima piramide di Saqqara (in Egitto) divenne un modello ed in Egitto, ancora oggi, è possibile contarne 135. 

Tornando in Mesopotania, da dove il testo Billico addita l'inizio, già nel 3000 a.C. le realizzazioni architettoniche non servivano come tombe per i potenti (come in Egitto) ma per onorare gli dei. Nell'epopea di Gilgamesh si parla della città di Uruk realizzata con ampie strade, piazze del mercato, templi, giardini e canali che davano sul porto. I santuari, sia in Egitto che in Mesopotania, manifestavano chiara aspirazione al cielo, quasi a voler creare un ponte fra dei e umanità.

(Segue)

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I Tempi scientifico-storici:

Circa 2770              Circa 2770                          Circa 2650

Inizia la II dinastia    In Egitto compare            Il faraone Djoser

d'Egitto                      la scrittura geroglifica      sale al trono d'Egitto

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 Il credente cristiano: 

OLIVER CLEMENT

dal testo "I volti dello Spirito"

 L'uomo così trasformato diviene, scrive ancora Simeone,"un povero che ama gli uomini". Per lui, a poco a poco, la legge viene sostituita dalle esigenze dell'amore, dalla sua pazienza, dalla sua "passione", dalla creatività, attraverso la croce e la resurrezione. "Il frutto dello Spirito", dice Paolo, "è amore, gioia, pace ... bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro quante cose non vi è legge" (Gal. 5,22-23). L'uomo diventa allora pneumaticòs, "spirituale": scopre la sua vera natura, la sua spontaneità profonda, come inseparabili dalla grazia; le sue virtù sono altrettante forme di partecipazione  ai nomi divini che esse riflettono; l'immagine di Dio  in lui si fa somiglianza. Egli prega ormai con tutto il suo essere, persino con i ritmi del proprio corpo:

Quando lo Spirito stabilisce la propria dimora in un uomo, questi non può più smettere  di pregare, lo Spirito non smette di pregare in lui. Dorma o vegli, la preghiera non si separa  dal suo cuore. Mentre, beve, mangia, dorme o lavora, il profumo della preghiera  esala dalla sua anima... I moti dell'intelligenza purificata sono voci mute che cantano, in segreto, una salmodia dell'Invisibile.

Allora, nello Spirito, l'uomo percepisce la  verità degli esseri e delle cose, l'universo come dono di Dio e liturgia, la storia come travaglio per dare alla luce il Regno. Egli percepisce il dinamismo introdotto dallo Spirito nella concatenazione apparente, "entropica", dei fenomeni, intravede la venuta liberatrice  di Cristo e diventa capace di collaborare con tale evento. Riceve il dono della com-passione, della sym-pàtheia , nel senso forte del "sentire con" "soffrire con". A volte, diviene un autentico padre spirituale, capace di risvegliare, di intercedere, di guarire.

 Ma al di là di questi esiti finali, anche se alla luce di essi, è l'esistenza più umile, la più quotidiana, che può essere illuminata nello Spirito. I veri carismi non sono appariscenti e sono più diffusi di quanto non si sia solitiimmaginare. Si pensi a questa osservazione di Kierkegaard nel suo Diario: "La vasta evoluzione storico-mondiale si vanta del proprio nil admirari, mentre la Bibbia ci insegna che bisogna cominciare dall'admirari". Il dono di chi si meraviglia  dinanzi ad ogni vita e di chi accoglie l'altro come una rivelazione, il dono di chi infonde  negli uomini, in questi tempi di nichilismo, "!il coraggio di esistere", il dono di chi aiuta gli uomini a radicarsi nell'esistenza, attraverso creazioini di vita e di bellezza in seno alla società e alla cultura, sono tutti cariusmi dello Spirito. Proprio perché Cristo è risorto e la pentecoste ha avuto  inizio lo Spirito costituisce ormai il fondamento, il respiro della nostra esistenza , e trasforma nel nostro intimo l'angoscia in fiducia, la "tristezza per la morte" in "tristezza per Dio" (cf. 2Cor 7,10), inondando incessantemente di luce le nostre esperienze di morte.

Nell'ultimo giorno, il grande giorno della  festa, Gesù levatosi in piediesclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva. Colui che crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno". Questo egli disse riferendosi allo Spirito (Gv 7,37-39).

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