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sabato 18 marzo 2023

Cosa conosciamo del ruolo dell'Europa nel pianeta (3)

 L'Europa moderna. Storia di un'identità

Il punto di vista di Paolo Viola, storico (1948-2005)

 A decorrere dell'età "moderna" (dal Rinascimento alla Rivoluzione Francese) quali sono stati i «sistemi politici» che hanno caratterizzato l’Europa al momento dell’inizio della “conquista” delle terre del nuovo mondo che le garantiscono, ancora oggi un ruolo non secondario nello scacchiere planetario ?.

Il Sacro Romano Impero fu una
Confederazione di Stati dell'Europa centrale
e occidentale nata nell'Alto Medioevo ed
esistita per circa un millennio. 




 In Europa esisteva ancora nel '500 l’Impero, il Sacro Romano Impero, che costituiva uno «spazio politico e ideologico con pretese universaliste», che continuava a rappresentare il centro geografico e simbolico del continente ma già da un paio di secoli in evidente crisai «politica e ideale». C'era inoltre la Chiesa, che svolgeva -allora- un potere conflittuale con quello politico, dal momento che,  in Europa occidentale, faceva discendere la sua sovranità direttamente da Dio, seppure «si era sdoppiata, per così dire», dividendo potere “temporale”, che apparteneva all’imperatore, e potere “spirituale”, assegnato al pontefice. Esistevano ancora le monarchie nazionali, impegnate nella costruzione dello “stato moderno”.

 Sorgevano all'interno delle istituzioni ora ricordate organi (“assemblee di stati”, corporazioni e tribunali) che rappresentavano «l’idea precedentemente molto condivisa che la società con suoi istituti nobiliari, religiosi, urbani potesse quasi governarsi da sé». 

 Lo stesso Impero Ottomano ormai, dopo il crollo dell'Impero Romano d'Oriente, pretendeva di essere annoverato come "Stato Europeo". Esso era però condizionato pesantemente dall’ ”autocrazia califfale”; comunque quella potenza che dominava su gran parte dell'Europa cristiano-ortodossa, integrava o voleva dare la sensazione di integrare nel suo sistema politico anche le comunità religiose non musulmane.

 Alle entità ricordate vanno aggiunte le monarchie dell’est europeo: la Russia, travagliata dai tentativi dei sovrani di privare la nobiltà del ruolo di ceto dirigente, e l’Ungheria e la Polonia, troppo deboli per poter essere baluardo contro l’espansione turca. 

 Erano tempi, quelli del cinquecento, che segnarono l’inizio della “conquista” europea del pianeta e che coincisero con «la scoperta della complessità». In quell'alba del Cinquecento  irruppero realtà “altre” nell’immaginario collettivo in occasione de: 

--le grandi scoperte geografiche, 

--la rottura dell’unità religiosa dell’Europa occidentale (Protestantesimo)

-- lo sviluppo demografico ed economico del XVI secolo, 

--l’affermazione del sistema creditizio che laicizzava il tempo sottraendone il controllo alla Chiesa.

  Si trattò di fenomeni che modificarono «assetti culturali e sociali fino ad allora stabili». L’instabilità generata da questi mutamenti fu accentuata allorché, mentre l’Europa veniva travagliata da sanguinosi conflitti politico-religiosi, assunsero tratti decisi i processi di costruzione dello “stato moderno”: 

-- Le guerre e gli intrighi producevano una politica nuova, che trattava diversamente da prima l’equilibrio tra centro e periferia, fra interesse e rappresentazioni, fra scontri, identità collettiva, patria, concordia, gerarchia, ordine, obbedienza, parti, fazioni, governo dei grandi processi di formazione dello Stato. 

 Al termine della guerra dei Trent’anni l’accresciuta cultura politica consentì di affrontare i conflitti in maniera più negoziale; «non essere riusciti a eliminare per sempre il nemico costrinse le parti a discutere della legittimità delle istituzioni e a inventare o a sviluppare progressivamente sedi politiche e diplomatiche finalizzate a regolare i conflitti» Ciò perfezionò ulteriormente la capacità degli europei di conquistare e gestire il mondo ma non arrestò altre trasformazioni, talvolta destabilizzanti. 

  La Rivoluzione inglese ebbe come principale conseguenza la modifica del concetto di libertà, che diventava il sistema dei diritti di tutti i cittadini, da includere in un contratto generale capace di rifondare la società e la politica. 

  Il radicalismo politico e religioso apriva la porta al contrattualismo politico, all’idea che anziché ubbidire e basta, bisognasse concordare le regole della politica, poiché si è tutti uguali davanti a Dio, e allora anche davanti alla legge, e che solo così si è liberi. 

  Quando si arriva a Luigi XIV che perseguiva l’affermazione politica ed economica della Francia e la politica di “potenza” si perviene già all’affermazione  all’assolutismo, di cui la Francia era un modello contagioso, ossia  al trionfo della “ragion di stato”, di una politica finalizzata al benessere e allo sviluppo dei popoli, sottomessa alle regole della morale, non più necessariamente al controllo della Chiesa; una politica non negoziata fra rappresentanti di corpi privilegiati, non in balia della volubilità delle fazioni, della fortuna, di popoli e ceti dirigenti incostanti, non asservita alle ambizioni di un principe, ma prodotta da un apparato di professionisti, capaci di eseguire creativamente e con competenza le direttive del sovrano. 

(Segue)

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