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sabato 11 marzo 2023

Chi e come ricorderà i cent’anni dell'assassinio di Matteotti?

 Riprendiamo un commento di Aldo Cazzullo, giornalista

del Corriere della Sera

E’ molto difficile abbattere un regime. Di solito le dittature cadono solo quando perdono una guerra. Mussolini, dopo una fase di esitazione, approfittò del delitto Matteotti per instaurare la dittatura; e il re, così come i vecchi notabili dello schieramento liberale che con le sue varie anime aveva governato l’Italia per i suoi primi sessant’anni di vita unitaria, non ebbero la forza di opporsi. 

Va ricordato che alcuni liberali, come Giovanni Amendola, pagarono la loro ostilità al fascismo con la vita; e anche Francesco Saverio Nitti e Benedetto Croce conobbero le intimidazioni delle camicie nere. Più che interrogarci sulle vicende di allora, sarà interessante per la nostra vita pubblica capire se e come l’anno prossimo l’Italia repubblicana commemorerà Giacomo Matteotti, a cent’anni dal suo assassinio. 

Liliana Segre ha fatto una proposta in tal senso. Matteotti fu assassinato quattordici anni prima delle leggi razziali, che rappresentarono senz’altro un’escalation di brutalità, ma non furono un impazzimento, furono un altro passo del lungo percorso di Mussolini dalla presa del potere alla guerra. Non esiste un fascismo buono e un fascismo cattivo, un Mussolini statista lungimirante e un Mussolini delinquente. Sarebbe importante rileggere i due principali discorsi che Giacomo Matteotti tenne alla Camera per denunciare le violenze dei fascisti (10 marzo 1921: due giorni dopo fu aggredito e seviziato) e i brogli alle elezioni del 1924 (30 maggio). E anche le parole con cui la vedova Velia chiese al ministero dell’Interno di non vedere camicie nere ai funerali del marito, ma solo «soldati d’Italia». Ai socialisti che invocavano vendetta, Velia, che era molto cattolica, disse: «Andate a casa. Siate buoni, amatevi come insegnò Gesù Cristo». Nei giorni in cui ancora si cercava il corpo, Velia e Isabella Matteotti, la madre, avevano chiesto udienza al Papa, che per prudenza le aveva fatte ricevere dal cardinal Gasparri. 

Isabella rifiutò il dono di un rosario: «Ho già il mio» rispose in dialetto.

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