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domenica 10 ottobre 2021

Alle radici della Storia d'Italia e di Sicilia: dall'Ottocento ad oggi (6)

 All'inizio del 1861 l'Italia era già stata fatta.

Il 27 gennaio si tennero le prime elezioni politiche,

con l'appendice del ballottaggio il 3 febbraio.

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Garibaldi avendo capito di non essere 

gradito si ritira in volontario esilio.

Cavour, la figura di spicco dei "liberali", era sicuro del fatto suo, non temeva alcuna sorpresa dalle urne. A chi gli faceva osservare la grande disparità culturale e politica fra il Nord con livelli di vita all'europea ed il Sud piuttosto arretrato ed in mano ai latifondisti, rispondeva: "Le elezioni di Napoli e della Sicilia non mi spaventano". In verità era proprio dal Sud che temeva potesse arrivare la brutta sorpresa; era nel Sud che covava la vasta simpatia ed il carisma di Giuseppe Garibaldi ed era lì che sarebbe potuta prevalere la Sinistra "garibaldina". E che il timore fosse reale lo dimostra l'attivismo dell'allora primo ministro, appunto Camillo Cavour, per evitare le sorprese. Nel breve volgere di poco meno di un mese, con decreto a sua firma e del Re, fissò il numero massimo delle circoscrizioni elettorali  in 443, riducendone tuttavia il numero nell'intero Meridione. In aggiunta lasciò sopravvivere l'antico sistema elettorale che risaliva al 1848, quello che recava la firma di Carlo Alberto. In pratica il corpo elettorale della nascente Italia unificata veniva identificato nei termini in cui l'abbiamo già  trattato alla pagina 4 della nostra narrazione.

 

La casa di Garibaldi, a Caprera.

Garibaldi deluso dal riscontro ricevuto, nonostante la sua più che meritoria opera, si ritirò a Caprera dove si dedicò all'agricoltura. Il suo primo atto sull'Isola fu di levare le briglie e mandare sciolti per essa i suoi due cavalli di battaglia. A chi gli chiedeva ragione rispondeva che pure i cavalli meritavano la libertà per cui egli si era battuto nella spedizione. Quando Marsala, uno dei due cavalli, morirà il generale scaverà la fossa in modo bene esposta ai piedi di una collina. 

 Nell'isola oltre che a fare l'agricoltore si dedica all'allevamento di asinelli, a cui appiccica i nomi di tutti i personaggi a lui non ben graditi: Pio IX, Napoleone III, Oudinot (il generale francese che nel 1849 aveva soffocato la Repubblica Romana). Quando si seppe di questa sua propensione a nominare le bestie ci furono reazioni persino di rilievo diplomatiche, ma egli non si scompose affatto.

 Durante quel suo volontario esilio l'Isola di Capresa fu meta di tantissimi personaggi illustri, sia del mondo della politica che della letteratura. Durante i banchetti in onore degli ospiti era lui stesso a preparare i pranzi e a servirli a tavola, da prima le signore e poi gli altri commensali. A tavola l'intera sua famiglia sedeva con lui e l'immagine dei visitatori portata via resterà sempre quella di avere incontrato un "patriarca". I pasti, lo leggiamo in parecchi resoconti dei suoi ospiti, erano 1) pasta, 2) pesce, 3) carne, 4) abbondanti insalate 5) ottimo vino locale, anche se egli (Garibaldi) beveva solamente acqua a pranzo e latte a cena, attingendo direttamente dalla brocca in terracotta. Dopo cena, agli ospiti, che fossero parlamentari, diplomatici, militari o compagni delle numerose imprese condotte sia in Europa che nelle Americhe, era solito offrire caffè e latte. Alle 22,oo si congedava dagli ospiti indipendentemente dalla presenza presso la sua dimora di personalità o amici di sempre. 

 Tanti resoconti e tantissimi libri che riferiscono di quelle visite nell'isola di Caprera, in volontario suo esilio, riferiscono del fortissimo turbamento d'animo dell'eroe nel periodo successivo alla morte della sua Anita. In quel periodo egli era sempre scuro in viso e si allontanava dagli ospiti senza nemmeno salutarli.

I figli

Ricciotti viene mandato a studiare in Gran Bretagna, in un collegio. Menotti e Teresita vivono con lui a Caprera. Teresita sposerà un valoroso garibaldino e quando il Re, Vittorio Emanuele le manderà  in regalo dei diamanti, essa resta imbarazzata e non sa se accettare o rifiutare. Sarà il padre a dirle di accettare.

Nelle serate estive la famiglia Garibaldi, e i sempre numerosi ospiti-visitatori che l'andavano a trovare e provenienti da ogni dove, organizzava canti e balli e lo stesso eroe si dava alle arie de Il Trovatore, Elisir d'amore, i Puritani e frequentemente, su spinta degli ospiti cantava la Marsigliese.

Sfogliando più libri sulla vita a Caprera di Garibaldi, si legge sempre di quanto egli fosse stimato al di fuori dell'Italia, Quando una coppia di coniugi inglesi proprietari della metà dell'isola di Caprera vennero meno egli avrebbe voluto comperare i terreni dagli eredi, ma non disponeva dei fondi. La situazione venne a conoscenza dei giornalisti del Times che immediatamente indissero una sottoscrizione fra i lettori attraverso il loro foglio; bastarono un paio di settimane e in Gran Bretagna vennero raccolti somme più che sufficienti per l'acquisto dei terreni. Garibaldi accettò quel dono che arrivava appunto dalla Gran Bretagna.

Da Caprera, sebbene sdegnato dal trattamento ricevuto dalla Corte e dal governo di Cavour, continuò a seguire la vicenda politica nazionale. Con lettere e raccomandazioni incoraggiava le nascenti associazioni operaie e quelle patriottiche. Indignato con la ledership nazionale conservatrice affermatasi a corte e nel governo, in tutte le lettere politiche da lui inviate agli interlocutori, egli sollecita tuttavia sempre la lealtà alla monarchia dei Savoia e al governo del paese.


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