Cominciamo dalle culture "dominate"
Un fenomeno che si è andato affermando da un secolo in qua è l'avvento di una nuova visione e di un nuovo modo di scrivere la Storia di quei popoli e di quelle società, e di quegli strati sociali che fino a non molto tempo fa non erano entrate nella storia, nell'interesse, e nella storiografia ufficiale dell'Occidente.
La Storia fino ai primi del Novecento non considerava "attori" dei grandi eventi (migrazioni dai Balcani, dall'Epiro, ...) la gente comune. Quelle circostanze ci sono sempre state presentate sulla base dei successi e dagli insuccessi militari di alcune figure di spicco, di cui invece sappiamo tutto.
I primi studi etnografici, dall'inizio del '900, cominciano invece a descriverci in forme sistematiche le società umane come mai prima era accaduto nella vicenda storica ufficiale. Non vi è dubbio che se oggi disponessimo di precisi resoconti sulle comunità più o meno ristrette di periodi (secoli) precedenti il Novecento, la conoscenza della Storia dell'uomo -e delle culture- sarebbe di gran lunga più ricca e anche la nostra visione del mondo sarebbe certamente diversa.
Seppure sappiamo poco sui nostri antenati "arbrëshë", possiamo comunque affermare che sappiamo di contro qualcosa in più del passato storico di altre comunità ristrette, comunque di comunità mai entrate nella grande Storia. In Europa qualcosa circa la curiosità etnografica comincia con la scoperta dell'America e ancora in forma più sistematica dalla istituzione della Royal Society britannica. Nel XIX secolo i principali stati coloniali europei cominciarono infatti ad istituire società scientifiche con lo scopo di studiare le società, i popoli e le culture rientranti nell'area di loro dominio ed il tutto secondo l'ottica della scienza darwiniana. Gli studi erano rivolti alle forme specifiche di matrimonio, al concetto di parentela, ma rimasero ancora carenti circa la ricostruzione dei nuclei e delle identità precipue, individuali. Cominciano comunque ad inizio Novecento ad esistere "archivi", curati molto meglio di quanto è invece capitato in certe periferie europee.
Gli studi etnici del primo Novecento, riguardo alle popolazioni extra europee, cominciano comunque -finalmente- a ritenerle "persone", esseri umani. La teoria formulata da Adolf Bastian riconosce l'unità psichica dell'umanità, in base alla quale, nonostante le loro differenze, gli esseri umani sono considerati uguali sotto il profilo psichico.
Dagli anni settanta del Novecento il mondo scientifico ha definitivamente definito il concetto di "cultura" Secondo Max Weber la realtà del mondo e della natura è di per sè priva di forma e significato, perchè sono gli uomini che assegnano significati ad essa. Sempre secondo Weber la cultura può essere definita come quella parte della realtà a cui gli esseri umani assegnano significato e importanza. Quando, in questo modo, vengono assegnati significati generalmente condivisi, la cultura stessa finisce per diventare la realtà attraverso cui il mondo viene percepito, definito e strutturato. Ne discende che come il mondo animale può essere diviso in specie, le società umane possono essere divise in culture (da qui: il relativismo culturale).
(Gananath ObeYesekere, antropologia all'Università di Princeton ).
Nota: Al concetto di cultura continueremo ancora a dedicare parecchie pagine. I nostri giorni evidenziano grande carenza circa la generale condivisione del pensiero weberiano, e quanto accaduto due giorni fa a Roma, la dice lunga sull'ignoranza diffusa circa la tolleranza e la convivenza civica. Il tema "green pass" ha retropensieri di sicura origine e carenza culturale.
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