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sabato 30 maggio 2020

30 Maggio

30 Maggio 1924
Giacomo Matteotti denuncia in Parlamento le violenze dei Fascisti durante le elezioni di aprile.

Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti pronunciava il suo ultimo discorso in Parlamento. Dieci giorni dopo, il 10 giugno, il deputato socialista veniva aggredito a Roma, rapito e ucciso da sicari fascisti. Nel corso del suo intervento alla Camera, il leader del Partito socialista unitario accuso' esplicitamente il regime fascista, che andava gradualmente estendendo la sua influenza nel paese dopo il successo elettorale del 6 aprile precedente, di violenze, intimidazioni e frodi, sia nel corso della campagna elettorale sia durante le operazioni di voto nei seggi.
Il fascismo, nel corso del biennio 1922-24, aveva operato su un doppio binario: uno legale ed uno relativamente clandestino e illegale. Da un lato il governo presieduto da Benito Mussolini cercava l'accordo con le forze politiche di centro-destra, liberali e cattolici; dall'altro operava, grazie alla sua milizia, con interventi violenti ed intimidatori, contro gli esponenti dei partiti di opposizione. In questo clima si giunse allo scioglimento della Camera, il 28 gennaio 1924.
La campagna elettorale fu di una violenza inaudita, caratterizzata dagli interventi pesanti delle squadracce fasciste. E di questo clima rovente si fece testimone Matteotti nel suo discorso che, probabilmente, segno' il suo tragico destino di li' a poco. L'intervento si svolse a Montecitorio in un'atmosfera rissosa, caratterizzata da attacchi ad personam, a opera dei principali esponenti del Pnf, a partire da Roberto Farinacci.
Matteotti prosegui' comunque nel suo discorso, apostrofando, spesso con ironia, le accuse e le invettive dei fascisti. Nel corso del suo discorso, piu' volte interrotto, egli chiese, in primo luogo, la non convalida delle elezioni del 6 aprile, proprio in ragione delle violenze che ne avevano caratterizzato lo svolgimento. A tale proposito ricordo' fatti di gravita' eccezionale, a partire dalle minacce contro i notai che avessero autenticato le firme necessarie per la presentazione delle liste e dai sequestri, ad opera della milizia, dei fogli con le firme gia' autenticate.
Minacce, accuso', arrivarono addirittura a coloro che avevano intenzione di candidarsi alle elezioni. A tal proposito Matteotti porto' l'esempio dell'onorevole Piccinini, assassinato per aver accettato la candidatura. Matteotti ricordò anche la conferenza dell'onorevole Gonzales a Genova, che fu impedita ''a furia di bastonate'' dagli squadristi. Ricordo' episodi dello stesso tipo verificatisi a Napoli, nel corso di un comizio di Amendola.
Proseguendo fra le frequenti interruzioni, il deputato socialista ricordo' che le pressioni si fecero ancor piu' pesanti ed evidenti anche all'interno dei seggi elettorali: i rappresentanti delle liste di opposizione erano pressoche' assenti, mentre quelli del Pnf spadroneggiavano, spalleggiati dalla milizia fascista, alla quale era affidata la cura del servizio d'ordine nei seggi. I componenti della milizia giunsero addirittura a entrare nelle cabine elettorali, mentre gli elettori votavano, condizionandone la scelta finale. Al momento dello spoglio i voti furono cambiati ed attribuiti al ''listone''.
Le schede bianche furono crociate a favore dei candidati fascisti. Solo nei centri di maggior visibilita', posti sotto un maggior controllo da parte dell'opinione pubblica, le milizie fasciste si trattennero. Proprio in tali centri, godendo di un'insolita liberta'' - denuncio' Matteotti - ''le minoranze raccolsero una tale abbondanza di suffragi, da superare la maggioranza, con questa conseguenza pero', che la violenza che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo le elezioni''.
Nel Sud si fece incetta dei certificati e i destinatari, per paura di ritorsioni, non si recarono a votare. Quindi le medesime persone, usando tali certificati, votarono anche dieci volte e ''giovani di 20 anni si presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva compiuto 60 anni''. Pochi furono i seggi in cui tale pratica fu impedita.
(Testo AdnKronos)

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