Brevi dalla "Storia"
Successe un '48
Sul finire del 1847 nell'Isola serpeggiava il malcontento. A Palermo si assistette ad un crescendo di manifestazioni antigovernative. Giuseppe La Masa e Giuseppe La Farina si misero alla testa dei primi gruppi di rivoltosi.
Nell'entroterra rurale dell'Isola con toni meno vivaci iniziò anche lì a serpeggiare la protesta fra le file soprattutto di piccoli artigiani e di ristrettissimi gruppi di burgisi.
Il 12 gennaio 1848 a Palermo, su istigazione dell'avvocato Paolo Paternostro, da piazza del Genio (oggi piazza Rivoluzione) scoppiò la rivolta per chiedere la Costituzione liberale. Fu subito costituito un "Comitato" ai cui vertici furono posti Ruggero Settimo e Mariano Stabile.
Nei paesi dell'entroterra, compreso Contessa e non solo, impugnarono contemporaneamente le armi gruppi locali con sincero spirito democratico ma anche veri e propri delinquenti. Fu preso possesso dei Municipi dei Comuni e furono inviate squadre locali di rivoltosi a Palermo per sostenervi la rivolta anti-borbonica.
Ad essere presi d'assalto nelle aree del latifondo oltre ai Municipi furono anche i "circoli dei civili".
Se a Palermo si esigeva la Costituzione liberale, a Contessa, e in altre decine di paese dell'interno, si chiedeva a gran voce e con grande rumore la restituzione alla popolazione degli "usi civici" che erano stati usurpati al godimento pubblico nel passaggio dai Feudi ai Latifondi.
“Cessando la natura e forma de’ feudi, tutte le proprietà, diritti e pertinenze per lo innanzi feudali, rimaner debbono, giusta le rispettive concessioni, in proprietà allodiale presso ciascuno possessore”.
Attraverso quella disposizione in pratica veniva riconosciuta ai baroni la piena proprietà dei feudi, sgravata da ogni corrispettivo che in precedenza il feudatario, in assenza della piena proprietà, doveva nei confronti del Regno.
Cosa era accaduto con l'abolizione del feudalesimo ?
La Costituzione borbonica del 1812 aveva previsto l’abolizione della feudalità e al paragrafo 6 del capo I, che riguardava -appunto- “la feudalità” – precisava che:“Cessando la natura e forma de’ feudi, tutte le proprietà, diritti e pertinenze per lo innanzi feudali, rimaner debbono, giusta le rispettive concessioni, in proprietà allodiale presso ciascuno possessore”.
Attraverso quella disposizione in pratica veniva riconosciuta ai baroni la piena proprietà dei feudi, sgravata da ogni corrispettivo che in precedenza il feudatario, in assenza della piena proprietà, doveva nei confronti del Regno.
Con la feudalità furono -conseguentemente- cancellati gli usi civici che, fino ad allora, gravavano sulle terre feudali; in pratica vennero espropriate, di fatto, le popolazioni di tutti i diritti che avevano da sempre (a Contessa dal 1520) consentito una qualche forma di sostentamento delle popolazioni contadine.
Anacronisticamente gli storici hanno scritto che con l’abolizione della feudalità -di fatto- i poveri divennero più poveri.
Nel 1812, quella che era la Sicilia del feudo, si trasformò nella Sicilia del latifondo e quelli che erano gli antichi feudatari, si trasformarono in nuovi e arroganti latifondisti, spesso alimentatori e connessi con la mafia per difendere dai contadini i loro nuovi latifondi, divenuti proprietà.
Ecco perchè a Contessa in quel 1848 parte della popolazione, quella più sensibile e più consapevole, insorse contro il "circolo dei civili", si impadronì del Comune ed inviò rinforzi a Palermo per sostenere la rivoluzione del '48.
Stralcio dalle
vicende contessiote
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