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domenica 17 maggio 2020

Alle radici del Cristianesimo

Ci proponiamo di dare alla pagina "Alle radici del Cristianesimo" un taglio diverso da quello usuale del recente passato. La pagina troverà una sua tipologia definitiva nelle prossime settimane.
Intanto per alcune domeniche proporremo dei testi di Pavel Florenskij, un pensatore geniale e originale del XX secolo. 
Sacerdote della Chiesa Ortodossa Russa fu fucilato nella notte tra il 7 e l'8 agosto 1937 su determinazione del potere sovietico.
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Il Timore di Dio

4.V.1918

8. Il tempio di Gerusalemme. Da questa impressione dell'infanzia (illeggibile) si operò in me un passaggio interiore al culto nel tempio di Gerusalemme. Ritengo necessario descrivere questo culto almeno a grandi linee. In un certo senso ogni culto è vero, ma questo, nel tempio di Gerusalemme, è in particolare  e senza dubbio alcuno il vero culto del Dio Vero. Se vogliamo arrivare a comprendere il culto in generale, non possiamo non tenere conto di quello che si praticava a Gerusalemme, poichè esso è indiscutibilmente  vero e, inoltre, è altrettanto indiscutibilmente maestoso. La sua enormità, grandiosità, ricchezza e, come dire, intensità è, in tutte le sue manifestazioni, un caso unico nella storia del mondo e. cosa ancora più importante, la sua notorietà e il fatto di essere stato studiato fin nei minimi particolari, la conoscenza di tutti i suoi particolari, la conoscenza di tutti i suoi aspetti, tanto tecnico-rituali quanto interni e liturgici, rendono questo culto un oggetto insostituibile e imprescindibile di ogni analisi del culto. Mi auguro tuttavia che abbiate già nozioni di archeologia biblica e mi limito a dire solo poche cose.
  Cominciamo dalle misure del tempio. Sapete che il tempio,  il santuario vero e proprio, era circondato da un cortile interno, diviso in due parti, dove si svolgeva il rito sacro, dove c'era il grasso degli animali, gli uomini. E sapete che accanto a questo fu in seguito costruito, probabilmente sotto Erode Agrippa, un cortile esterno per i pagani. Quali erano le misure ?
  Il tempio di Salomone occupava una superficie di 400 cubiti di lunghezza e 200 di larghezza.



























Altare del sacrificio: 20 cubiti di lunghezza e di larghezza, 10 di altezza. Nel tempio di Erode: 30 di lunghezza e 15 di larghezza. Il cubito "delle parate"= 6 palmi=10,18 versok= 448 mm. Per la descrizione del tempio si usa il cubito "santo", che equivale a 7 palmi=11,86 versol= 522 mm.
  La superficie dell'odierno tempio di Haram al-Sharif=17,5 dessiatine, e secondo Olesnickij questo tempio faceva interamente parte di quello di Salomone, ma non tutti sono d'accordo.
  Tempio di Erode: cortile interno=322 cubiti di lunghezza e 135 di larghezza,
  E così l'altare dei sacrifici  è 30 x 15 cubiti= 22 x 11 arsin. 
Su di esso ardeva un fuoco eterno. Non era un semplice falò, ma un vero e proprio incendio nel quale veniva incessantemente aggiunto materiale da bruciare. Immaginatevi il rumore, il fischio, il sibilo del fuoco su questo altare dei sacrifici. Immaginatevi una specie di ciclone che si addensava sopra il tempio. Si dice che nemmeno la pioggia riuscisse a spegnerlo. Ma ciò era inevitabile, non c'è da meravigliarsi. Vi venivano infatti bruciati tori interi, per non parlare di capretti, montoni, ecc. Provate ad immaginare che odore di bruciato, di grasso, se solo per un pò di carne cotta allo spiedo in Oriente si sente la puzza di bruciato per interi isolati!

  Non per niente nell'espressiva lingua della teologia giudaica l'altare del sacrificio si chiamava "ariel" il Leone di Dio. E in effetti divorava vittime e legna. Già, la quantità delle vittime sacrificali. Secondo Giuseppe Flavio a Pasqua venivano offerti 265.500 agnelli. Secondo il Talmud, per contare il numero dei pellegrini Erode Agrippa aveva ordinato di mettere da parte un rene (di ogni vittima) e se ne contarono alla fine 600.000. Per la consacrazione del tempio di Salamone vennero offerti 22.000 tori e 120.000 pecore. E per qualche tempo i sacerdoti camminarono con il sangue che arrivava alle caviglie, tanto l'immenso cortile ne era inondato. Immaginate l'odore di sangue, di grasso, d'incenso -che si sentiva fino ad Ebron- il fumo, gli squilli di tromba -da 21 a 48 per il tempo in cui il sacrificio bruciava- il canto di cori innumerevoli. Per non contare dei belati, delle grida e dei muggiti degli animali, nonostante gli sforzi per tranquillizzarli. Se si avevano nervi fragili, era impossibile andarci. E non per niente era fatto divieto assoluto ai forestieri di superare anche di un solo passo un punto preciso, pena la morte. Nel giorno del Sukkoth, la festa delle capanne, venivano condotti all'altare del sacrificio 70 tori: 13 il primo giorno e poi gli altri, a scalare di uno, nei giorni successivi. Bisognava bruciarli tutti.

Nota 93 e 94:
















9. (Il rituale della purificazione, Yom Kippurim o Kippur, del 10 del "tishri". Un toro, un ariete, due capri per lageova -laazazel, Anan, Shekhinah, venivano legati per una gamba, 5 abluzioni complete + 10 parziali- Si è pronuncia il nome ...- ad ogni lettera li versava- benedizioni- ai suoni del coro- canto ...4 volte cambiava le vesti) Questo passo manoscritto entro parentesi appare lacunoso e FlorensKij  probabilmente pensava di rielaborarlo in seguito.
Ripeto, era difficile sopportare la VERITA' della realtà superiore che si rivelava nel culto. Il contatto con l'arca (dell'Alleanza) uccideva. La profanazione del culto era punita  con la morte, Il sangue delle vittime sacrificali si riversava nel torrente Cedron che scendeva. E quella pioggia di sangue rendeva fertile tutta la Palestina! Quanto sangue c'era ! Sangue, sangue, sangue. Il sangue, "nel quale è l'anima", scorreva a fiotti. Potente si levava "il Leone", il fuoco sacrificale che bruciava le vittime e portava al cospetto di Geova fumi dal dolce profumo. E se ciò è terribile, quanto più terribili erano i culti pagani, con i loro sacrifici umani, con i bambini gettati nel fuoco degli idoli,  con le vittime che sapevano del loro destino, con i cuori strappati a uomini ancora vivi (in Messico), con le torture sacre e via dicendo? Uno di questi culti, quello dei cartaginesi, è descritto benissimo da Flaubert in Salammbò. Nel culto si può veramente credere, e allora esso è ... la vera essenza di ciò che esiste, Oppure si può non crederci e quindi esclamare " Tantum religio potuit suadere malorum" (*).

(*) "Quanto male può suscitare la religione"; citazione tratta dal poema di Lucrezio De rerum natura.

(segue)

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