Cuccia
I Cuccia nell’Albania di Skanderbeg
Museo di Croja, esterno |
I Cuccia, nella forma albanese Kuka o Kuçi, sono molto presenti nei testi che parlano della biografia dello Skanderbeg, delle sue imprese militari e della sua azione politica.
Nel “Tesoro di Notizie su de’ Macedoni” di Nicolò Chetta, pubblicato nel 2002 a cura del Comune di Contessa Entellina e dell’Università degli Studi di Palermo, nelle pagine 264, 268 e 273, si parla diffusamente delle imprese militari ediplomatiche di Paolo Cucchia, inviato come ambasciatore di Giorgio
Castriota presso il Papa e il re Alfonso di Napoli. Di Giorgio Cucchia si parla
nelle pagine 295, 300. Anche Giorgio Cucchia, cappellano dello Skanderbeg,
compì per conto del principe albanese missioni diplomatiche presso il Pontefice
di Roma. Sempre nello stesso volume del Chetta, a pag. 309, si parla di un
Giorgio Cucchia, valoroso ufficiale dell’esercito albanese, catturato e
scorticato vivo assieme ad altri sette eroi i cui nomi sono: Musacho Angelina,
Gino Mysak, Giovanni Perlato, Nicolò Elisio, Giovanni Manessi, Vladenio Giuriz e
Moise, questi ultimi due nipoti dello Skanderbeg.
Il cognome Cucchia è presente in molte altre pagine
dell’opera del Chetta. Oltre che alle pagine 511 e 512 del volume, al paragrafo
253 “Catalogo delle siciliote famiglie albane”, in cui si parla delle famiglie
albanesi presenti in Sicilia, i Cucchia vengono citati alle pagine 258, 335,
345, 375, 453, 444, 445, 446, 453, 454 e 470.
Dell’episodio della cattura e della condanna a morte di
Giorgio Cucchia e degli altri sette valorosi ufficiali dell’esercito albanese
parlano anche le altre biografie dello Skanderbeg. Vedasi “Storia di Giorgio
Castriotto sopprannominato Scanderbeg Principe dell’Albania” pagine 184 e 185.
Il volume, pubblicato a Palermo nel 1847, dalla Tipografia di Domenico Oliveri,
è stato ripubblicato in ristampa anastatica dal Comune di Contessa Entellina
nel 1998. Sempre nello stesso volume, a pag. 242, viene riprodotto il diploma
di Giovanni di Aragona, indirizzato al nipote Ferdinando, re di Napoli, con cui
raccomanda i nobili albanesesi, consanguinei dello Skanderbeg: Petrus Emmanuel
de Pravatà, Zaccarias Croppa, Petrus Cuccia e Paulus Manisis. L’ autore dice
che il diploma si trova nella Memoria di Palazzo Adriano del prof. Crispi,
stampata nel 1827.
Dei Cuccia e di altre illustri famiglie albanesi dei tempi
dello Skanderbeg, si parla anche nel volume “I Castriota Principi d’Albania” –
Origine della Famiglia Castriota - edita da Valletta Tipografia del “Malta” nel
1929, e precisamente nelle pagine 36, 37 e 38.
Dai documenti e dai testi consultati o citati quello che
parla dei rapporti di consanguineità tra i Castriota e i Cuccia è il diploma
del re Giovanni di Aragona dell’ 8 ottobre 1467. Tale documento della
cancelleria di Barcellona è stato alla base delle ricostruzioni storiche
successive ed era stato pacificamente accetato dalla storiografia arbëreshë e
italiana. Se tale documento fosse frutto
di un falso, così come sostiene il prof. Matteo Mandalà nel volume “Mundus vult
decipi”, edito a Palermo nel 2007 da A.C. Mirror, mancherebbe il fondamento di
tale ricostruzione storica. In ogni caso resta, comunque, storicamente provato il
rapporto tra lo Skanderbeg e alcuni esponenti della famiglia Kuka o Kuçi,
presenti nelle imprese militari e nelle missioni diplomatiche del Principe
albanese, di cui parlano diverse biografie dello Skanderbeg.
I Cuccia e altre famiglie albanesi [1]
del periodo di Skanderbeg sono presenti, oltre che nei saggi storici [2],
anche nelle opere letterarie, del prof. Giuseppe Schirò, Direttore del R.
Istituto Orientale di Napoli[3]
. In tali opere di natura poetica, scritte sia in italiano che in albanese lo
Schirò affronta il tema della loro emigrazione in Sicilia, dopo che era venuta
meno in patria ogni possibilità di resistenza contro l’invasore ottomano in
Albania.
Domenico Cuccia
[1] Reres,
Cropa, Pravatà, Paolo Manes, Skirò, Musacchia, Bideri, Masrek e altri.
[2] Giuseppe
Schirò, Opere VIII Saggi, “Cenni sulla origine delle colonie albanesi di
Sicilia”.
[3] Giuseppe
Schirò, Opere III e IV, “Te dheu i huaj” (edizione del 1940). Volume III Canto
V pagine 150 e 151; vol. IV Canto II “Gli Antenati”, pagine 60 e 61, pagine;
Canto VII “Giovanni Kastriota”, pagine 290 e 291.
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I Cuccia in Albania e in Italia
I Cuccia o Cucchia, in albanese
Ku¢i o Kuka, sono presenti in varie zone dell’Albania. Nel nord est del paese
vi è la città e il distretto di Kukës con una popolazione di circa 48.000
abitanti. Nel museo nazionale di Kruja, nella sezione dei principali
collaboratori dello Skanderbeg, è esposta la statua di Pal Kuka, con la didascalia che si trattava
di un diplomatico; tale statua è stata da me fotografata. I testi di storia che
parlano delle gesta di Skanderbeg riferiscono, oltre alle missioni diplomatiche
di Pal Kuka, di un Giorgio Kuka cappellano di Skanderbeg, di un Giorgio Kuka,
ufficiale dell’esercito albanese, caduto nelle mani dei turchi e da questi
scorticato vivo, assieme ad altri sette eroi, di un Bajano Kuka. Un Oso Kuka è
stato un eroe albanese di Scutari e la sua abitazione è in atto adibita a
Museo.
Le notizie riportate sono state
acquisite dalle tre biografie di Skanderbeg di cui sono in possesso. Per quanto
riguarda Giorgio Cuchia i testi parlano di un cappellano dello Skanderbeg e di
un ufficiale dell’esercito albanese, catturato e trucidato dai turchi (non so
se si tratti della stessa persona).
Nicolò Chetta, rettore del Seminario
Greco-Albanese di Palermo, nato a
Contessa Entellina il 31/07/1741 e deceduto a Palermo il 15/11/1803, li ritiene originari della Macedonia, provenienti
da un’area vicina all’attuale Albania. Il cognome albanese Kuça, Cuchia nei
primi atti in latino volgare, redatti in Sicilia, si è trasformato in Cuccia ed è presente in tutte
le comunità albanofone siciliane.
In Sicilia, nei documenti
riportati in pubblicazioni da me consultate, per la prima volta si incontra un
Luca Cuchia e un Petrus Cuchia nel 1501 tra i firmatari dei Capitoli di
Mezzojuso [1];
si incontrano un Ioannis Cuccia, Iuratorum huius universitatis Terrae
Comitissae, firmatario nel 1520 dei Capitoli
di Contessa, e un Leoluca Cuccia, magistro, tra i testimoni
del Notaio [2]. Ancora
a Contessa Entellina ritrovo ufficialmente il cognome Cuchia in un censimento
(chiamato Rilevo) del 1593 [3].
Il cognome Cuccia è, inoltre, più volte citato nel saggio storico “Cenni sulle
origini delle colonie albanesi di Sicilia” del prof.Giuseppe Schirò, docente di
lingua e letteratura albanese presso il Regio Istituto Orientale di Napoli.
Bisogna tenere presente che tutti
i capitoli di concessione dei terreni agli albanesi furono scritti in latinis vulgaribus da notai non
albanesi, che traducevano nel volgare in uso in Sicilia i nomi albanesi. I
membri delle comunità arbëreshë, che conoscevano entrambe le lingue, si
impegnavano a spiegare ai loro connazionali i contenuti degli atti
sottoscritti.
Gli immigrati albanesi in Italia
hanno dovuto lottare duramemente per non essere sottoposti a un processo di
latinizzazione forzata e per mantenere un rito, quello bizantino, che in un
periodo di controriforma religiosa veniva visto, soprattutto dai vescovi
latini, quasi come ortodosso scismatico. Qualche volta i vescovi ci sono
riusciti, vedasi San’Angelo Muxaro, in Sicilia, o Spezzano albanese, in
Calabria, dove il prete di rito greco è stato arrestato - con l’accordo tra il
vescovo e il barone del luogo- ed è morto in prigione, mentre tutto il popolo è diventato di rito latino.
Una circostanza, invocata dagli
albanesi d’Italia a loro favore nei confronti di chi li guardava con sospetto, era
il ricordo di Giorgio Castriota, definito dal Papa Atleta di Cristo, e i legami
che legavano i profughi alle gesta dell’eroe albanese. Il re di Napoli era
grato al Castriota per l’aiuto ricevuto nella lotta contro gli angioini e i
nobili infedeli. Dopo il tentativo fallito, di Giovanni Castriota, di
riaccendere la lotta in Albania (anno 1482) [1]
e la caduta di Corone (anno 1532) vennero nell’Italia meridionale e in Sicilia,
con gli altri profughi, i più stretti collaboratori dello Skanderbeg, moglie e
figli compresi, e successivamente molti coronei.
Un documento, richiamato da
alcune famiglie arbëreshë per tutelare la propria posizione, era una lettera
del re Giovanni II d’Aragona al proprio nipote Ferdinando, re di Napoli, datata
8 ottobre 1467, in cui raccomandava alcuni nobili albanesi, definiti
consanguinei dello Skanderbeg. L’autenticità di tale lettera, su cui si era
basata tutta la storiografia arbëreshe a cominciare da Pompilio Rodotà, dal
prof. Giuseppe Schirò, docente di Lingua e Letteratura albanese presso il Regio
Istituto orientale di Napoli, dal prof.
Alessandro Schirò, dal sacerdote Spiridione Lo Iacono e altri, è stata recentemente
messa in dubbio dal prof. Matteo Mandalà dell’Università di Palermo, in un suo
libro intitolato: “Mundus vult decipi”.
In tale saggio l’autore, sulla base di una ipotesi avanzata anche da
altri, ipotizza un falso. Lo stesso rilievo di falsità viene mosso nei
confronti di un altro documento, sempre rilasciato dalla cancelleria di
Barcellona, e datato 18 ottobre 1467.
In ogni caso, la mancata
autenticità del documento della cancelleria del regno di Aragona non rileva ai
fini della corrispondenza tra il cognome Kuka presente in Albania, ai tempi
dello Skanderbeg, e il cognome Cuchia o Cuccia presente nelle colonie albanesi
della Sicilia. Tale tesi è suffragata non solo da tutti gli storiografi arbëresh ma anche dagli altri studiosi. Vedasi
il saggio: “Sviluppi
onomastico-toponomastico tribali delle comunità albanesi di Sicilia” del prof.
Giuseppe Valentini S.J, titolare della cattedra di albanese dell’Università di
Palermo nel secondo dopoguerra. In tale saggio il Valentini studia l’etimologia
e la provenienza di 48 famiglie siciliane di origine albanese. Per quanto
riguarda i Kuçi (e non Kuqi) il prof.
Valentini ipotizza una antichissima origine nella località presidiata di Cucci,
nel limite danubiano di Pannonia, nel
secolo IV. Secondo il Valentini i Kuçi furono una forte tribù albanese del
nord, verso la piana di Podgorica, nominati fin dal 1335 e poi nel 1416 e, come
una vera comunità, nel 1455. Sempre il Valentini ci dice che il cognome
Kuçi, per quanto con varia grafia, è largamente presente tra gli stradioti, dal 1482 al 1547, con
almeno 19 nominativi. Per il prof. Valentini, che conosceva bene l’Albania
avendovi vissuto a lungo, è ipotizzabile che i Cuccia che sono presenti in
Sicilia siano venuti direttamente dalla Grecia. In ogni caso secondo il suddetto professore, considerata la vastità dei toponimi, è
difficile rintracciare la precisa origine albanese.
Durante la mia permanenza a
Tirana, nel luglio del 2017, ho letto l’annuncio funebre di un Kuqi.
I Cuccia, assieme ad altre famiglie
albanesi (Musacchia, Reres, Schirò e
altri) hanno assunto un ruolo di rilievo nelle nostre comunità e, in atto, sono
presenti in tutte le comunità albanofone della Sicilia. Ci sono, inoltre, altri
Cuccia le cui famiglie provenivano dai centri albanofoni della Sicilia,
presenti a Palermo e in altre città della Sicilia e d’Italia. Nell’ambito dei
comuni di origine gli stessi hanno svolto nel passato, e continuano a svolgere,
ruoli rilevanti nella comunità. Molti sono stati avvocati, notai, medici, insegnanti,
dirigenti della Pubblica Amministrazione, sindaci, papas. A Palermo una via è dedicata a Simone Cuccia,
avvocato e noto giurista, docente di diritto penale dell’Università di Palermo
e per diversi anni membro della Camera dei deputati. A Enrico Cuccia, di
origine siculo albanese e uno dei più importanti banchieri dell’Italia del
secondo dopoguerra, è dedicata una piazza di Milano.
I testi richiamati descrivono pure le altre famiglie albanesi
presenti in Sicilia, chi vuole approfondire la storia e l’etimologia dei
cognomi delle altre famiglie lo può, pertanto, fare attingendo alle opere degli
autori citati. Fornirò qualche notizia su alcune di queste famiglie, i cui nomi
sono ancora presenti in Albania come ho potuto personalmente constatare, in uno
scritto successivo.
Domenico Cuccia
[1] I nomi di Luca Cuchia e Petro
Cuchia, quali firmatari dei Capitoli di Mezzoiuso, sono riportati nel volume I
Capitoli delle Colonie Greco Albanesi di Sicilia, raccolti e pubblicati da
Giuseppe La Mantia, a pag. 51.
[2]
Il nome di Ioannis Cuccia, quale firmatario dei Capitoli di Contessa, e di
Leoluca Cuccia quale testimone del Notaro, sono riportati nel volume I Capitoli
delle Colonie Greco Albanesi di Sicilia, raccolti e pubblicati da Giuseppe La
Mantia, a pag. 52 e 57.
[4]
Secondo il prof. Giuseppe Schirò, dopo il fallimento della riconquista
dell’Albania nel 1482, attuato da Giovanni Castriota figlio dello Skanderbeg,
molti profughi provenienti dalla città
di Himarë, nella prefettura di Vlorë, emigrarono in Sicilia, fondando la colonia di
Piana degli albanesi. La tesi è stata fatta propria da alcune guide turistiche
dell’Albania. Vedasi “Conoscere l’Albania”, testo in italiano pag. 103.
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