Brevi dalla "Storia"
Il pane
Secondo Giuseppe Oddo, storico siciliano, la dieta dei siciliani nell'epoca latifondista aveva come capisaldi il pane, la pasta, l'olio di oliva, il vino e pochissimi altri alimenti ricavati dalle attività agro-pastorali. Aggiungiamo noi che quella era la dieta ancora corrente nelle aree agricole dell'Isola nel periodo pre-terremoto '68.
Lo storico continua ancora che quei consumi ordinari erano spia di vistose diseguaglianze sociali, tuttavia in Sicilia il pane era quasi sempre di grano, mentre altrove il prezioso alimento poteva essere fatto "con cereali meno nobili, come il miglio e persino con non cereali, come le ghiande e -orrore- la segatura".
In Sardegna si mangiava molto pane d'orzo, nella Calabria agro-pastorale pane nero, non sempre lievitato, fatto con vari tipi di farina (di granoturco, segala, lenticchie, castagne, etc), "buono per i maiali", e soprattutto "segno dell'esclusione dal lusso del pane bianco", come scrive Corrado Barberis nell'Atlante dei prodotti tipici. Il pane.
Pier Paolo Pasolini, in una lettera aperta indirizzata a Italo Calvino scriveva, a proposito del pane:
È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).
Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti ha chiamato l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento).
Secondo Giuseppe Oddo, storico siciliano, la dieta dei siciliani nell'epoca latifondista aveva come capisaldi il pane, la pasta, l'olio di oliva, il vino e pochissimi altri alimenti ricavati dalle attività agro-pastorali. Aggiungiamo noi che quella era la dieta ancora corrente nelle aree agricole dell'Isola nel periodo pre-terremoto '68.
Lo storico continua ancora che quei consumi ordinari erano spia di vistose diseguaglianze sociali, tuttavia in Sicilia il pane era quasi sempre di grano, mentre altrove il prezioso alimento poteva essere fatto "con cereali meno nobili, come il miglio e persino con non cereali, come le ghiande e -orrore- la segatura".
In Sardegna si mangiava molto pane d'orzo, nella Calabria agro-pastorale pane nero, non sempre lievitato, fatto con vari tipi di farina (di granoturco, segala, lenticchie, castagne, etc), "buono per i maiali", e soprattutto "segno dell'esclusione dal lusso del pane bianco", come scrive Corrado Barberis nell'Atlante dei prodotti tipici. Il pane.
Pier Paolo Pasolini, in una lettera aperta indirizzata a Italo Calvino scriveva, a proposito del pane:
È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).
Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti ha chiamato l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento).
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