StatCounter

sabato 22 marzo 2025

Appello con oltre 2.500 firme. Diffuso dal Corriere della Sera

 Scienziati contro il riarmo

L’idea che la pace dipenda dal soverchiare le altre parti conduce all’escalation e l’escalation porta alla guerra


Come scienziati — molti impegnati anche in discipline coinvolte nella tecnologia militare — come intellettuali, come cittadini consapevoli dei rischi globali attuali, crediamo che sia un obbligo morale e civico di ogni persona di buona volontà far sentire la propria voce contro l’appello per una ulteriore militarizzazione europea, ed esortare al dialogo, alla tolleranza e alla diplomazia. Una forte militarizzazione non difende la pace; porta alla guerra. 
I nostri leader politici dicono di essere pronti a combattere per difendere i presunti valori occidentali che ritengono in gioco; sono pronti a difendere il valore universale della vita umana? I conflitti in tutto il mondo sono in aumento. Secondo le Nazioni Unite (2023), un quarto dell’umanità vive in zone colpite da conflitti armati. La guerra tra la Russia e l’Ucraina, sovvenzionata dai paesi della NATO con la giustificazione di difendere principi, ha creato un milione di vittime. Il rischio di genocidio dei palestinesi da parte dell’esercito israeliano sostenuto dall’Occidente globale è stato riconosciuto dalla Corte internazionale di giustizia. Guerre brutali si stanno svolgendo in Africa, come in Sudan, o nella Repubblica Democratica del Congo, alimentate da interessi nelle risorse minerarie. Il «Doomsday Clock del Bulletin of the Atomic Scientists», che quantifica i rischi di una catastrofe nucleare, non ha mai registrato un rischio così alto come oggi.

Spaventata dall’attacco russo in Ucraina e dal riposizionamento degli Stati Uniti, l’Europa si sente messa da parte e teme che la sua pace e prosperità possano essere a rischio. I politici stanno reagendo in modo affrettato e miope con un appello a mobilitare, su scala continentale, una quantità colossale di risorse per produrre più strumenti di morte e distruzione. Il 4 marzo 2025, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha pubblicato il «ReArm Europe Plan», affermando che «l’Europa è pronta e in grado di agire con la velocità e l’ambizione necessarie. [... ] Siamo in un’era di riarmo. E l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente le sue spese per la difesa». L’industria militare, che ha vaste risorse e una potente influenza sui politici e i media, soffia sul fuoco di una narrazione belligerante. La «paura della Russia» è agitata come spauracchio, ignorando convenientemente che la Russia ha un Pil inferiore a quello dell’Italia da sola, che l’Europa ha armi nucleari proprie e che la spesa militare Europea è già più di 3 volte superiore a quella russa. I politici affermano, senza alcuna giustificazione, che la Russia abbia obiettivi espansionistici verso l’Europa, e minacci Berlino, Parigi e Varsavia, quando ha appena dimostrato di non essere nemmeno in grado di catturare il suo ex satellite, Kiev. La propaganda bellica viene alimentata da paure grottesche. Con la diplomazia, l’Europa può tornare alla sua pacifica coesistenza e collaborazione con la Russia che il maledetto affare ucraino ha interrotto. 

L’idea che la pace dipenda dal soverchiare le altre parti conduce all’escalation, l’escalation porta alla guerra. La guerra fredda non è diventata «calda» e saggi politici di entrambe le parti sono stati in grado di superare le fortissime divergenze ideologiche, le rispettive «questioni di principio» e concordare una riduzione drammatica ed equilibrata dei rispettivi armamenti nucleari. I trattati nucleari START tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno portato alla distruzione dell’80% dell’arsenale nucleare sul pianeta. Scienziati e intellettuali di entrambe le parti hanno svolto un ruolo riconosciuto nello spingere i politici verso una de-escalation razionale. Nel 1955, uno dei più importanti filosofi del XX secolo, matematico e premio Nobel per la letteratura, Bertrand Russell e Albert Einstein firmarono un manifesto influente, e la conferenza di Pugwash, ispirata da questo manifesto, ha unito gli scienziati di entrambe le parti, facendo pressione per la de-escalation. Quando nel 1959 a Russell fu chiesto di lasciare un messaggio per i posteri, rispose: «Dobbiamo imparare a tollerare gli uni gli altri, dobbiamo imparare ad accettare il fatto che alcune persone dicono cose che non ci piacciono. Possiamo solo vivere insieme in questo modo. Se dobbiamo vivere insieme, e non morire insieme, dobbiamo imparare una sorta di carità e una specie di tolleranza, che è assolutamente vitale per la continuazione della vita umana su questo pianeta». Dobbiamo difendere questa saggia eredità intellettuale.

I grandi conflitti sono stati preceduti da massicci investimenti militari. Dal 2009, le spese militari globali hanno raggiunto ogni anno livelli record senza precedenti, con una spesa nel 2024 che ha toccato un massimo storico di 2.443 miliardi di dollari. Il «ReArm Europe Plan» impegna l’Europa a investire 800 miliardi di euro in spese militari. Sia l’attuale presidente degli Stati Uniti che l’attuale presidente della Russia hanno recentemente dichiarato di essere pronti ad avviare colloqui per la normalizzazione delle relazioni e per una riduzione militare equilibrata. Il presidente della Cina sta ripetutamente chiedendo la de-escalation e il passaggio da una mentalità conflittuale a una mentalità collaborativa «win-win». Queste sono le opportunità da cogliere. Invece l’Europa si vuole prepara alla guerra, con nuove spese militari mai viste dalla seconda guerra mondiale. L’Europa è ora disposta a brandire le armi solo perché si sente esclusa?


L’umanità si trova di fronte a serie sfide globali: il cambiamento climatico, la carestia nel Sud del mondo, la più grande disuguaglianza economica mai registrata, i crescenti rischi di pandemie, la guerra nucleare. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che il Vecchio Continente passi da faro di stabilità e pace a diventare un nuovo signore della guerra.

Si vis pacem para pacem. Se vuoi la pace, costruisci la pace, non la guerra.


seguono 2.500 firme


Nessun commento:

Posta un commento