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domenica 23 marzo 2025

Vocabolario per cogliere l’Autoritarismo

Estratto da un lungo ed interessante articolo giornalistico di Daniele Lumera

popolo bue  e’ quello privo di spirito critico, che continua a lasciarsi sedurre da chi urla più forte, insulta, divide o sottomette. Attenzione però: non si tratta di destra o di sinistra. Il principio concettuale è molto più profondo. Si rinuncia alla dialettica e alla complessità per abbracciare una visione semplicistica della realtà, fatta di slogan e di odio. Popolo bue fu usato da Gramsci per indicare le folle che seguono acriticamente il potere, sia in regimi dittatoriali sia in democrazie deboli, dove il consenso è costruito più sulla manipolazione che sulla partecipazione attiva e consapevole.

Il popolo bue è attratto dall’uomo forte e cede al suo fascino perché teme la propria responsabilità e la vera libertà. La democrazia è più faticosa, richiede confronto e, spesso, compromessi, accordi e non imposizioni. L’autoritarismo, invece, appare più rassicurante perché elargisce risposte immediate e nette, un capo da seguire, un nemico da odiare

Il popolo bue, e’ (come già riportato sopra) privo di spirito critico, continua a lasciarsi sedurre da chi urla più forte, insulta, divide o sottomette.

Il popolo bue ha bisogno di una guida, e quella guida sa che il modo più semplice per governare non è favorire la conoscenza attraverso l’istruzione, ma dividere grazie all’ignoranza e al controllo della comunicazione. Mussolini parlava di “plutocrazie demo-giudaiche”, Hitler di razze inferiori, i leader di oggi di immigrati, élite globaliste, intellettuali traditori, giudici corrotti. Ogni epoca ha il suo nemico, costruito per incanalare il malcontento in una direzione precisa, per trasformare la paura e la rabbia  in armi di dominio. Il risultato, oggi come un secolo fa, è lo stesso: si rinuncia alla dialettica e alla complessità per abbracciare una visione semplicistica della realtà, fatta di slogan e di odio.

vero leader non è chi divide, ma chi unisce; non chi fomenta la paura, ma chi l’attenua e la dissolve attraverso la conoscenza; non chi impone, ma chi interpreta il potere come esercizio della responsabilità etica del proprio ruolo. 

Governare  non significa dominare e la leadership diviene, invece, un atto di ascolto, non di imposizione.

Un popolo consapevole non ha bisogno di uomini forti, ha bisogno di governanti avveduti, saggi, equilibrati e pienamente consapevoli.

La saggezza non urla nelle piazze, ma illumina il cammino. Perché più che di autocrazie e autoritarismi, ci sarebbe estremo bisogno di autorevolezza.

La democrazia è più faticosa, richiede confronto e, spesso, compromessi, accordi e non imposizioni. L’autoritarismo, invece, appare più rassicurante perché elargisce risposte immediate e nette, un capo da seguire, un nemico da odiare. Ecco perché, nei momenti di crisi, la folla cerca un leader che non dubita mai, che sembra non avere esitazioni, che appare granitico, inflessibile.

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