Spunti e sintesi da un testo di
Mauro Magatti (sociologo)
Miliardari al potere
Sembrerebbe di capire che gli Stati Uniti sono in preda ad una deriva nichilista nel senso che «la nozione di verità per essa non vale più». Il che è già situazione grave; e se a questo quadro aggiungiamo che le democrazie europee sono incapaci di agire, sorge il dubbio che la sorte del mondo sembra sfuggire ad ogni logica.
L’alleanza tra il presidente rieletto USA e i magnati delle nuove tecnologie — non solo Elon Musk, ma anche Jeff Bezos, Google, Mark Zuckerberg, Peter Thiel e altri — sta caratterizzando l’applicazione delle scelte politiche alla sfera tecnologica, coinvolgendo settori chiave come le ricerche nel campo dell’intelligenza artificiale, biomedico e spaziale.
C’è pure il richiamo alla religione di Trump che cerca di colmare il vuoto valoriale. Alla cultura del lavoro, della disciplina di sé e della solidarietà che ha reso grande l’Occidente si vorrebbe sostituite la cosiddetta «teologia della prosperità» (derivata dalle chiese evangeliche che hanno moltissimi proseliti nei ceti popolari) secondo cui Dio vuole che i suoi fedeli siano ricchi economicamente, sani fisicamente e felici nella vita privata. Una visione che attribuisce un significato religioso all’individualismo (i ricchi sono benedetti da Dio), alla ricerca del benessere (la prosperità è il premio della fede) e persino alle disuguaglianze sociali (la povertà è il segno di una fede insufficiente) la teologia della prosperità diventa così la nuova bussola politica, che apparentemente risolve il problema del nichilismo.
A dominare sembra essere il principio di un interesse del tutto sganciato da ogni criterio di valore e di rispetto delle istituzioni.
Ci troviamo di fronte a una sperimentazione sociale in cui la libertà di parola, mediata dagli apparati digitali, rischia di essere paradossalmente usata contro la società aperta. Si accarezza l’idea di un nuovo ordine in cui l’efficientizzazione resa possibile dalla razionalizzazione digitale conta più della democrazia, e dove l’uso politico di una religione strumentale, impiegata come fondale retorico per legittimare un potere sempre più centralizzato, si intreccia con nuove forme di sorveglianza sociale e identificazione del nemico interno ed esterno.
Il tecnopopulismo prospetta una nuova sintesi destinata ad accentrare ulteriormente il potere, erodere le istituzioni democratiche e aggravare le divisioni sociali. Con tutti gli interrogativi che ne derivano sul futuro della democrazia e delle relazioni internazionali.
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