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lunedì 17 marzo 2025

L’agricoltura siciliana e i racconti dei nonni

 La Sicilia agricola e il dominio romano

Durante il suo mandato Verre fece di tutto

Roma governò la Sicilia dal 238 a.C. al 535 d.C.,  si trattò quindi di un lungo tempo di “dominazione”. L’Isola, congiuntamente al Nord Africa e alla Spagna  fu ritenuta terra di conquista e destinata a provvedere all’approvvigionamento granario dello Stato romano. Si trattò conseguentemente di un lungo tempo di destinazione della campagna siciliana alla monocultura, e l’Isola di fatto divenne il “granaio del popolo romano”. Il prelievo erariale consistette nella decima in natura del raccolto di grano e di orzo.

Verre approfittò della legislazione vigente
sulla vendita del grano per arricchirsi e
vessare i contadini, i produttori e chiunque
non fosse organico al suo disegno criminale.
Mando’ in rovina diverse famiglie,
privandole di tutto; speculò ai danni
del Senato Romano, facendo la cresta
sui tributi; riscuoteva le tasse per
conto di Roma che erano circa il dieci
per cento del raccolto – in natura o
in denaro – ma nella realtà la gente di
Sicilia pagava molto di più.




Lo storico Orazio Cancila scrive che i romani riscuotevano, citando quanto scriveva Cicerone, il corrispondente di 262.000 ettolitri di cereali su una produzione media annua di 3 milioni di ettolitri. Ed ancora: Roma poteva esigere una seconda decima, facendo pagare un prezzo unilaterale fissata dal Senato. I Siciliani dovevano, sempre e comunque, assicurare al governatore romano, e alla struttura di governo nell’Isola, la quantità di grano che annualmente veniva stabilita dal Senato.

Le decime in grano nell’Isola venivano riscosse da appositi “appaltatori” (=decumani). L’elenco dei contribuenti, consegnato ai decumani veniva redatto dai rappresentanti locali del potere romano secondo le estensioni dei latifondi coltivati. Su questi criteri e sistemi di riscossioni non mancarono le ruberie e gli scandali “politici’. Il caso più eclatante fu legato a Verre. Questi nel 74 fino al 71 a.C. fu pretore urbano in Sicilia, su designazione del senato, ruolo da cui avvalendosi del potere di imperium (funzioni militari, amministrative, giurisdizionali) condusse l’opera di saccheggio di templi e appropriazione di beni.

Al tempo di Cicerone risulta che un solo conduttore potesse concentrare diversi e vastissimi latifondi, su cui si facevano convogliare migliaia di schiavi fatti arrivare dalla parte orientale del Mediterraneo.

Accaddero in Sicilia, in più tempi, rivolte-guerre servili che Roma in varie e ricorrenti repressioni riuscì sempre a domare. Accadde anche che i latifondisti per evitare di dover fronteggiare le rivolte degli schiavi preferivano sottrarre le terre alle colture cerealicole e destinarle a pascolo. Fu in questo quadro politico e sociale che Cicerone condusse a giudizio Verre, con l’accusa di avere alterato i conti pubblici inerenti la gestione del grano spettante a Roma.

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