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martedì 1 marzo 2022

Discorso del Presidente Draghi in Senato

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha reso nella mattinata di oggi, al Senato della Repubblica, le Comunicazioni  sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina. 

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A partire da ottobre 2021 rapporti di intelligence americani e foto satellitari denunciavano lo spostamento di ingenti contingenti di truppe russe al confine ucraino, sostenute da carri armati e missili Buk. Si quantificava che la consistenza delle truppe russe superasse le 90.000 unità e l'intelligence americana stimava che entro gennaio potesse raggiungere le 175.000 unità. La minaccia di attacco pianificato all'Ucraina da parte della Russia metteva in allarme le cancellerie di Washington, dei "Five Eyes" e degli alleati NATO. Frattanto gli ufficiali Ucraini denunciavano la possibilità di un attacco su larga scala, tenendo conto del fatto che la Russia bloccava per 2/3 l'accesso al mare di Azov attorno alla penisola di Crimea, già annessa illegalmente nel 2014. Parallelamente si infiammava la retorica russa, a partire dalla pubblicazione da parte di Putin nel luglio 2021 di un articolo sull'"unità storica" di Mosca e Kiev che metteva in discussione la stessa statualità dell'Ucraina e rivendicava alcuni territori ucraini come appartenenti legittimamente alla Russia, mentre ai primi di dicembre Putin denunciava il "genocidio" di cittadini russi nella regione orientale ucraina del Donbass. Al contempo, la Russia negava che stesse pianificando un attacco, accusando la NATO di provocazione per l'invio di navi da guerra americane nel Mar Nero e l'Ucraina di aver dispiegato 125.000 soldati nel Donbass. Tuttavia la Russia adduceva come preoccupazione di sicurezza la possibilità di dislocare missili offensivi ai suoi confini in grado di condurre uno strike, tanto da rinnovare, a parti invertite, i timori della crisi missilistica di Cuba del 1962. Sulla difesa missilistica della NATO vedi cartina in calce.

Dopo settimane di tensioni crescenti, nella videochiamata del 7 dicembre tra il presidente statunitense Biden e Putin, il Presidente russo avanzava precise richieste di garanzie di sicurezza da parte di USA e NATO proponendo due trattati (uno con gli USA e uno con la NATO) che prevedono che la NATO ritiri truppe e armi da Bulgaria, Romania, Polonia, Repubbliche baltiche e dagli altri paesi dell’Europa centro-orientale che dopo il 1997 sono entrati a far parte dell’Alleanza atlantica, e la rinuncia ad un ulteriore allargamento della NATO all'Ucraina. Tali richieste sono state recapitate anche agli USA. Gli analisti sono divisi tra quelli che ritengono che la Russia cerchi di modificare gli equilibri nella partita del Donbass e quelli che ritengono che la vera posta in gioco sia la ridefinizione degli equilibri geopolitici del continente e quindi attenga alla sicurezza europea.

Il 12 dicembre i Ministri degli Esteri G7 e l'Alto Rappresentante dell'UE diffondevano una dichiarazione nella quale invitavano la Russia a ridurre l'escalation, perseguire canali diplomatici e rispettare gli impegni internazionali, affermando che un'ulteriore aggressione militare avrebbe avuto enormi conseguenze e gravi costi di risposta.

Il Consiglio europeo del 16 dicembre 2021 ribadiva il pieno sostegno alla sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina e che qualsiasi aggressione avrebbe avuto un costo pesante di risposta, comprese misure restrittive coordinate con i partner, nonché ribadiva il sostegno al formato Normandia (Russia, Ucraina, Francia e Germania) nel conseguimento della piena attuazione degli accordi di Minsk.

Situazione militare

In un clima di crescente mobilitazione, a fine gennaio - inizi di febbraio 2022, la Russia oltrepassava le 100.000 unità di militari disposti lungo il confine orientale dell’Ucraina (dove si trova la regione filorussa del Donbass), su quello meridionale cioè nella Crimea annessa nel 2014, in Bielorussia, sul confine settentrionale del Paese, ufficialmente per un’esercitazione congiunta con l’esercito di Minsk. Questo dispiegamento militare - che fa sì che l’Ucraina sia di fatto accerchiata su tre lati - faceva temere un’imminente invasione, che tuttavia Mosca continuava a negare; l’Ucraina ha dunque schierato l’esercito, mentre il presidente americano Joe Biden ha allertato circa 8.500 soldati da inviare nel Baltico e nell’Est Europa.

La NATO dal canto suo ha inviato jet e navi(4nell'Europa Orientale per rafforzare la propria capacità di deterrenza e difesa. Come dettagliato in un comunicato stampa del 24 gennaio, la Danimarca ha annunciato l'invio di una fregata nel Baltico e invierà 4 F-16 in Lituania a sostegno della air policing mission in Lituania; la Spagna invia navi per integrare le forze navali NATO e sta valutando di inviare Jet in Bulgaria; la Francia è pronta ad inviare truppe in Romania sotto comando NATO; l'Olanda manderà 2 F35 in Bulgaria da aprile a sostegno dell'air policing e ha messo in standby una nave per la NATO Response Force. La NATO che da 2014 ha accresciuto la propria presenza sul fianco Est dell'Alleanza: dispone di 4 battlegroups multinazionali in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia che sono posti sotto la guida rispettivamente di Regno Unito, Canada e Germania, Stati Uniti e sono combat-ready.

Il 2 febbraio il Pentagono ha annunciato il dispiegamento di 3.000 uomini in Europa Orientale: è previsto l’arrivo di 2.000 soldati statunitensi dalla Carolina del Nord in Polonia e Germania, mentre altri 1.000 già in Germania si sposteranno in Romania. Il loro dispiegamento si aggiunge alle 8.500 truppe che il Pentagono aveva messo in allerta il mese scorso. ll portavoce del Pentagono, John Kirby, ha sottolineato che il riposizionamento delle truppe degli USA non è permanente ma è “funzionale a rispondere alla crisi”.

Sul fronte diplomatico

Il 13 gennaio si è svolta a Vienna la riunione dell'OSCE. Il 21 gennaio il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov a Ginevra per cercare di allentare la tensione, ma il colloquio non ha fatto avanzare la soluzione: Mosca ha posto delle condizioni - fra cui la garanzia che l’Ucraina non verrà ammessa nella NATO e che l’Alleanza atlantica non si espanda a Est - ma Washington ha annunciato che avrebbe inviato comunque una risposta scritta. A Ginevra tuttavia è stata lasciata aperta la strada del dialogo diplomatico.

Intanto Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia hanno rimpatriato il personale diplomatico non essenziale e i familiari dei diplomatici dall'Ucraina, mentre il presidente Biden ha condotto il 24 gennaio una videochiamata di consultazione con i leader europei. Sono ripresi gli incontri nel cosiddetto «formato Normandia» tra Russia, Ucraina, Francia e Germania che non si riuniva dal 2019. Uno si è svolto il 25 gennaio a Parigi.

Il Presidente francese Macron - anche in veste di presidente di turno dell'UE - ha provato a ritagliarsi un ruolo nel dialogo diplomatico con la Russia proponendo il metodo della de-escalade dapprima nella telefonata del 28 gennaio con il Presidente Putin. Il 7 febbraio Il Presidente Macron, dopo le consultazioni telefoniche con il premier britannico Boris Johnson e il presidente americano Joe Biden e in parallelo alla missione del cancellier Scholz a Washington, si è recato in vista a Mosca dove si è intrattenuto per 5 ore a colloquio con il Presidente russo Putin, per proseguir l'indomani a Kiev per incontrare il Presidente Zelensky. Nella conferenza stampa congiunta al termine dell'incontro, il presidente Macron ha detto di aver proposto a Putin di "costruire delle garanzie concrete di sicurezza" per tutti gli Stati coinvolti nella crisi ucraina ed ha aggiunto che "Il presidente Putin mi ha assicurato la sua disponibilità a impegnarsi in questa logica e la sua volontà di mantenere la stabilità e l'integrità territoriale dell'Ucraina"; da parte sua il Presidente Putin - che ha ringraziato la Francia per il suo impegno nel promuovere gli accordi di Minsk e il formato Normandia - ritiene che "certe idee, certe proposte di Emmanuel Macron potrebbero gettare le basi per dei progressi comuni" e ha assicurato che "farà di tutto per trovare dei compromessi che possano soddisfare tutti".

Sul fronte diplomatico, era stata avanzata anche un'ipotesi di mediazione da parte della Turchia che tuttavia ad oggi non si è concretizzata. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha accettato l’invito a recarsi in visita in Turchia dal suo omologo, Recep Tayyip Erdogan. Lo ha annunciato il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov, sottolineando che Putin andrà in Turchia una volta che la situazione sanitaria e le reciproche agende lo consentiranno. In precedenza il Presidente Erdogan aveva in più occasioni ribadito l’intenzione di voler mediare nella crisi tra Russia e Ucraina, dicendosi disponibile ad ospitare colloqui tra le parti.

L'Alto Rappresentante dell'UE Borrell ha ricordato il 30 gennaio come il Consiglio affari esteri del 24 gennaio abbia respinto i tentativi della Russia di ristabilire linee di divisione nel continente come richiami alle sfere d'influenza del XX secolo, ritenendoli inaccettabili. Ha ribadito come le proposte di USA e NATO abbiano il potenziale, se negoziate in buona fede, di rafforzare la sicurezza in Europa e al contempo corrispondere alle preoccupazioni della Russia. Ha affermato come l'obiettivo sia accrescere la trasparenza e la fiducia, sottolineando il rispetto dei principi fondamentali su cui si basa la sicurezza dell'Europa ed in particolare la sovranità ed integrità territoriale degli Stati europei e il loro diritto di scegliersi accordi di sicurezza e alleanze.

Le risposte scritte della NATO e degli Stati Uniti alla Russia

La NATO e gli Stati Uniti hanno consegnato le risposte a Mosca per iscritto il 26 gennaio 2022. Le due risposte, i cui testi sono riservati, sono state coordinate nei contenuti, condivisi anche con Kiev prima dell'invio. Esse, pur tenendo fermi i capisaldi della NATO, propongono un dialogo diplomatico che comprenda il controllo delle armi, la trasparenza, la riduzione del rischio, nel segno della de-escalation.

Il 26 gennaio in conferenza stampa il Segretario di stato americano Antony Blinken ha sottolineato che “gli Stati Uniti preferiscono la diplomazia” anche se, al contempo, “stiamo agendo con uguale determinazione per rafforzare le difese dell'Ucraina e preparare una rapida risposta in caso di aggressione russa”. Blinken ha chiarito che gli USA hanno richiamato 8.550 soldati che potrebbero esser dispiegati a sostegno della NATO Response Force, se questa fosse attivata dal Consiglio nord Atlantico per rafforzare il Fianco Est dell'Alleanza e che gli altri Alleati stanno comunicando le loro disponibilità nel caso vi fosse necessità di attivarle. Ha chiarito che la risposta americana sarà sia sul piano del controllo delle esportazioni alla Russia, delle sanzioni economiche (in coordinamento con alleati e partner europei), della garanzia che l'offerta globale di energia non sia interrotta anche nel caso in cui la Russia decida di usare le sue risorse di gas naturale come un'arma. Infine, il Segretario di Stato ha precisato che la risposta scritta inviata al Cremlino “definisce un serio percorso diplomatico da intraprendere, se la Russia lo volesse” e che si aspetta di parlare nei prossimi giorni con il suo omologo russo, Sergei Lavrov.

Contemporaneamente, sull'altra sponda dell'Atlantico, il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg elencava le tre aree in cui vi sono spazi di miglioramento:1) sul piano delle relazioni NATO-Russia, si potrebbero ristabilire i rispettivi uffici a Mosca e a Bruxelles, utilizzare a pieno i già esistenti canali di comunicazione militari per promuovere la trasparenza e ridurre i rischi, creare una linea di comunicazione civile per le emergenze; 2) sul piano della sicurezza europea, rafforzare i principi fondamentali della sicurezza europea già sottoscritti a cominciare dall'Atto Finale di Helsinki, riconoscere il diritto di ciascuna nazione di scegliere i propri accordi di sicurezza, inoltre la Russia dovrebbe ritirare le truppe da Ucraina, Georgia e Moldavia dove sono dispiegate senza il consenso di quei Paesi e tutte le Parti dovrebbero impegnarsi seriamente nella composizione dei conflitti, incluso nel formato Normandia; 3) riduzione del rischio, trasparenza e controllo delle armi: come primo step si propongono briefing reciproci sulle esercitazioni e sulle politiche nucleari nel Consiglio NATO-Russia, si dovrebbero aprire consultazioni sui modi per prevenire incidenti in aria e in mare e impegnarsi nuovamente a rispettare pienamente gli impegni internazionali sulle armi chimiche e biologiche. Infine, dovrebbe aprirsi una conversazione seria sul controllo degli armamenti, comprese le armi nucleari e missili a medio e corto raggio basati a terra. Stoltenberg ha concluso affermando che queste aree rappresentano un’agenda per un dialogo significativo e che gli Alleati sono pronti a incontrarsi prima possibile "ma non scenderemo a compromessi sui principi su cui poggia la sicurezza della nostra Alleanza e la sicurezza di Europa e America del Nord".

Il 2 febbraio il quotidiano spagnolo El Paìs avrebbe ottenuto in anteprima le bozze delle risposte alla Russia da parte della NATO e degli USA da cui risulterebbe, tra l'altro, che gli Stati Uniti offrono ai russi la possibilità di definire un meccanismo di verifiche che confermi l’assenza di missili offensivi da crociera Tomahawk – a cui Il Presidente russo Putin aveva fatto riferimento per spiegare le preoccupazioni russe – dalle basi che ospitano i sistemi di difesa Aegis Ashore in Polonia e Romania, a patto che la trasparenza sia reciproca e la Russia consenta l'accesso a due basi missilistiche scelte dall'Alleanza, tra cui presumibilmente l'exclave russa di Kalinigrad.

Infine, gli Stati Uniti avrebbero proposto di cominciare da subito i colloqui sulle misure successive (follow on) al trattato New START  in vigore dal 2021 fino al 2026: i colloqui dovrebbero includere ulteriori vettori di missili intercontinentali con testate nucleari, nonché armamenti nucleari non strategici e testate nucleari non dispiegate.

La ricerca di un asse Russia - Cina

Il 31 gennaio, su richiesta degli Stati Uniti, si è tenuto invece un Consiglio di Sicurezza straordinario dell’ONU per valutare la crisi, alla vigilia dell’avvio della presidenza di turno russa dell’organismo. Mosca non è riuscita ad impedire la riunione a Palazzo di Vetro con un voto procedurale che ha visto dieci Paesi su quindici votare a favore dell'incontro, tre astenersi e Russia e Cina votare contro. L'ambasciatore americano all'ONU, Linda Thomas-Greenfiled ha affermato che il dispiegamento di oltre 100.000 soldati russi ai confini dell'Ucraina ha imposto un dibattito all'ONU perché la situazione minaccia la sicurezza internazionale. Dal canto suo l'ambasciatore russo Nebezia ha accusato gli americani di fomentare deliberatamente le tensioni, utilizzando la "diplomazia del megafono" e inducendo "l'isterismo"; ha inoltre affermato che la Russia esclude ogni possibilità di aggressione contro l'Ucraina. Anche l'ambasciatore della Cina Zhang Jun ha evocato la necessità di una "diplomazia tranquilla", respingendo la "diplomazia del megafono, un confronto pubblico".

Il voto della Cina era stato anticipato dalle dichiarazioni, riportate dalle agenzie di stampa, del ministro degli Esteri cinese Wang Yi che ha invitato nel corso di un colloquio telefonico il Segretario di stato statunitense Antony Blinken a “prendere sul serio le ragionevoli preoccupazioni” della Russia in materia di sicurezza e ha ribadito che “tutte le parti dovrebbero abbandonare completamente la mentalità della Guerra fredda e formare un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile attraverso negoziati”.

L'asse tra Mosca e Pechino è stato formalizzato nel Vertice di Pechino del 4 febbraio tra il Presidente cinese Xi Jinping ed il Presidente russo Putin, in occasione dei Giochi olimpici invernali 2022, con una dichiarazione congiunta che celebra “l’inizio di una nuova era delle relazioni internazionali". Nel documento Mosca e Pechino "si oppongono a una ulteriore espansione della NATO e chiedono all'Alleanza di abbandonare i suoi approcci ideologizzati da guerra fredda" e si dicono altresì “gravemente preoccupati per la partnership di sicurezza AUKUS tra Australia, USA, Regno Unito che implica una più profonda cooperazione trai suoi membri in aree che concernono la stabilità strategica ed in particolare la cooperazione nel campo dei sottomarini a propulsione nucleare" ed avvertono che tali azioni “aumentano il pericolo di una corsa agli armamenti nella regione e pongono seri rischi di proliferazione nucleare”.

La nuova partnership strategica comporta anche una maggiore integrazione economica ed energetica. Tra i 15 accordi bilaterali sottoscritti a Pechino, rileva in particolare un nuovo contratto per la fornitura di gas dall’estremo oriente russo alla Cina, per dieci miliardi di metri cubi. Per onorare tale impegno è previsto il completamento di Power of Siberia 2, un gasdotto dalla capacità di 50 miliardi di metri cubi (all'incirca la medesima portata del Nord Stream 2) che collegherà Russia e Cina attraverso la Mongolia e che – a differenza dell'attuale versione, Power of Siberia – attingerà a riserve solitamente destinate al mercato europeo.

La Conferenza di Monaco, 18-20 febbraio 2022

Della situazione alla frontiera ucraina si è parlato anche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, conclusasi il 20 febbraio nella città bavarese alla presenza di capi di stato e di governo. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha partecipato alla conferenza ininterrottamente per 12 anni – anche al culmine della crisi dovuta all’annessione della Crimea nel 2014 – era assente. Questo – come ha sottolineato il Direttore della Conferenza Wolfgang Ischinger – non ha permesso di parlare “con la Russia” ma solo “della Russia”. Intervenendo sulla crisi il presidente ucraino Zelensky ha detto: “Non si tratta della guerra in Ucraina. Si tratta della guerra in Europa". La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha accusato la Russia di voler riscrivere “le regole dell'ordine internazionale”. Ma se il Cremlino attacca, ha detto la presidente della Commissione, “imporremo costi elevati e gravi conseguenze sugli interessi economici di Mosca”.

Tuttavia a Monaco la Cina sembra marcare una certa distanza dalla Russia, in quanto il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha affermato: "Noi siamo per la salvaguardia delle frontiere. La Cina è per la tutela della sovranità e l'indipendenza di tutti i Paesi e l'Ucraina non fa eccezioni", ribadendo al contempo che "anche le preoccupazioni della Russia dovrebbero essere rispettate.

Anche all'indomani dell'invio delle truppe russe in Donbass, Wang Yi si è detto “preoccupato delle evoluzioni in Ucraina”. In una telefonata con il suo omologo americano Antony Blinken, Wang Yi ha invitato “tutte le parti interessate a esercitare moderazione” incoraggiando “una soluzione diplomatica.

L’ambasciatore della Cina all’ONU, Zhang Jun, nella riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 21 febbraio ha invitato tutte le parti a «esercitare moderazione. Tutti i Paesi dovrebbero risolvere le controversie con mezzi pacifici in linea con la Carta delle Nazioni Unite» .

Le posizioni della Russia: dall'apertura all'offensiva?

Alla ricezione delle risposte scritte di USA e NATO, il ministro degli Esteri russo Lavrov aveva dichiarato che le risposte finora fornite dagli USA e dalla NATO sulla questione ucraina “non contengono alcuna reazione positiva sulla questione principale”, e cioè “l’inammissibilità di un’ulteriore espansione della NATO a est e il dispiegamento di armi da attacco che potrebbero minacciare il territorio della Federazione russa"; tuttavia aveva aggiunto che le risposte fornite “permettono di avviare una conversazione seria, ma solo su argomenti secondari”.

Nella trascrizione russa della telefonata del 28 gennaio tra il Presidente russo Putin e il Presidente francese Macron, Putin rassicurava che avrebbe studiato attentamente le risposte scritte degli USA e della NATO. Tuttavia il Presidente Putin aveva rimarcato come le risposte non tenessero conto delle 3 fondamentali preoccupazioni di sicurezza del Russia: fermare l'allargamento della NATO; non dispiegare armi offensive vicino al confine della Russia; ripiegare le capacità e le infrastrutture militari NATO sulle posizioni del 1997. Altra questione fondamentale per la Russia risultava quella della indivisibilità della sicurezza: nessuno dovrebbe rafforzare la propria sicurezza a spese della sicurezza di un altro paese .

Nel lungo colloquio vis-à-vis con Macron del 7 febbraio, il Presidente Putin nuovamente lamentava che le risposte occidentali non tenevano conto delle 3 principali esigenze di sicurezza della Russia su richiamate. Per quanto riguarda l'Ucraina, Putin sottolineava l'importanza che l'Ucraina rispettasse scrupolosamente le previsioni di Minsk 2 e che innanzitutto stabilisse un dialogo diretto con Donetsk e Lugansk e definisse giuridicamente uno statuto speciale per il Donbass. Il presidente Putin ribadiva l'impegno a lavorare nel formato Normandia. Veniva stabilito di dar seguito al dialogo tra Russia e Francia sull'intera gamma delle questioni della sicurezza europea.

Tuttavia, già nella lettera di risposta agli USA di 11 pagine, pubblicata dalla Tass in russo, il 17 febbraio il Ministro degli esteri Lavrov avvertiva che " In assenza di una volontà da parte americana di negoziare garanzie ferme e giuridicamente vincolanti per la nostra sicurezza da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, la Russia sarà costretta a rispondere, anche attuando misure di natura tecnico-militare".

Grazie alla "coraggiosa quanto frenetica diplomazia telefonica" del presidente francese Emmanuel Macron , ancora nello scorso weekend sopravviveva la prospettiva di un incontro tra Vladimir Putin e Joe Biden. Macron aveva spiegato che il confronto, esteso a “tutte le parti in causa”, si sarebbe concentrato su “sicurezza e stabilità strategica in Europa”. Tuttavia, lunedì 21 febbraio il Cremlino raffreddava sull’ipotesi di un vertice bilaterale, affermando che un faccia a faccia tra Vladimir Putin e Joe Biden fosse “ancora prematuro”.

Già il 20 febbraio piombava dapprima l’annuncio russo della prosecuzione delle esercitazioni militari in Bielorussia in cui sarebbero impiegati circa 30.000 soldati russi, a causa del “deterioramento della situazione”.

La svolta è arrivata nella serata del 21 febbraio: il presidente russo Putin con il riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk e l'invio di truppe russe "con funzione di peacekeeping” nei territori del Donbass ha frustrato gli sforzi diplomatici del Presidente Macron "che credeva di aver ottenuto una ripresa dei negoziati in formato Normandia per l'attuazione dell'accordo di MinskII che esclude l'indipendenza delle due entità" . Il presidente russo ha firmato in diretta tv i decreti di riconoscimento accompagnati da trattati di amicizia e mutua assistenza. Ciò sarebbe stato preceduto dalla riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza della Federazione che si è mostrato favorevole al riconoscimento dei territori separatisti dell’Ucraina. L'annuncio della decisione di approvare il riconoscimento segue di qualche giorno la richiesta da parte della maggioranza dei deputati alla Duma. In un lungo discorso alla Nazione, dopo aver evocato la storia per affermare che "è importante capire che l'Ucraina non ha essenzialmente mai avuto una tradizione stabile di autentica statualità", il presidente russo Putin ha contestato il fatto che in Ucraina l'Occidente ha sostenuto il colpo di Stato di Maidan del 2014 con assistenza diretta, denaro, e che “le armi occidentali sono affluite in Ucraina in un flusso continuo". Putin ha puntato ancora una volta il dito contro le esercitazioni NATO che “sono arrivate alla nostra porta, al nostro confine. Ciò ha avuto effetti negativi su tutta la sicurezza europea". Dopo aver denunciato ancora una volta "il genocidio a cui sono sottoposti quasi 4 milioni di persone, solo perché queste persone non erano d'accordo con il colpo di stato sostenuto dall'Occidente in Ucraina nel 2014 e si sono opposte al movimento statale avviato verso il nazionalismo cavernicolo e aggressivo e il neonazismo", ha concluso che visto che i vertici di Kiev "non hanno riconosciuto e non riconosceranno nessun'altra soluzione alla questione del Donbass se non quella militare. In questo contesto, considero necessario prendere una decisione attesa da tempo: riconoscere l'indipendenza e la sovranità della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lukansk senza indugio".

La prima tranche di sanzioni

La mossa di Putin ha scatenato immediate reazioni internazionali.

Il Regno Unito è stato il primo Paese europeo ad adottare sanzioni contro la Russia. Nella discorso del 22 febbraio il premier britannico Boris Johnson ha illustrato alla Camera dei Comuni la "prima tranche" di sanzioni economiche immediate , sanzioni che secondo Downing Street prendono di mira 5 banche e 3 individui legati al Cremlino e che consistono al momento in congelamento degli asset finanziari e divieto di viaggio.

Sempre il 22 febbraio presidente della Commissione UE e il Presidente del Consiglio europeo in una dichiarazione congiunta hanno affermato che "la decisione della Federazione russa di riconoscere alcune zone delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk come entità indipendenti e di inviarvi truppe russe è illegale e inaccettabile. Costituisce una violazione del diritto internazionale, dell'integrità territoriale e della sovranità dell'Ucraina, così come degli stessi impegni internazionali della Russia e inasprisce ulteriormente la crisi". Ribadendo la determinazione a reagire con fermezza e rapidità alle azioni illegali della Russia, in stretto coordinamento con i partner internazionali, hanno proposto un primo pacchetto di sanzioni. Si tratta di misure restrittive individuali nei confronti: di coloro che sono coinvolti nella decisione illegale; di banche che finanziano operazioni russe – militari e di altro tipo – in tali territori; della capacità dello Stato e del governo russi di accedere ai servizi e ai mercati finanziari e dei capitali dell'UE, per limitare il finanziamento di politiche aggressive e che inaspriscono le tensioni; degli scambi tra le due regioni separatiste e l'UE, affinché i responsabili sentano chiaramente le conseguenze economiche delle loro azioni illegali e aggressive

Le misure decise dagli Stati Uniti, illustrate nel discorso alla Nazione del Presidente Biden del 22 febbraio, possono invece sintetizzarsi in quattro punti: 1) blocco totale delle operazioni con le due maggiori istituzioni finanziarie russe: la Veb, la più grande corporation di Stato e la banca militare. 2) sanzioni sul debito sovrano. Per far sì che la Russia venga tagliata fuori dai finanziamenti dell’Occidente e non possa accedere al mercato europeo; 3) Sanzioni contro le cosiddette élite russe, le più potenti famiglie di oligarchi, per fare terra bruciata attorno all’entourage che sostiene Putin; 4) agire per il blocco del gasdotto Nord Stream 2. Oltre alle sanzioni, gli Stati Uniti hanno avviato "un dispiegamento aggiuntivo" di soldati e assetti nei paesi Baltici. Si tratta di circa 800 soldati di un battaglione di fanteria, provenienti da altre località in Europa; 40 aerei d’attacco per rinforzare le difese dei paesi sul fianco orientale della NATO; un contingente di caccia d’assalto F-35 e di elicotteri d’attacco AH-64 Apache. Biden ha descritto la mossa come puramente «difensiva», e ha affermato: «Non abbiamo intenzione di combattere la Russia».

Un forte segnale rispetto a quanto accaduto nelle regioni orientali dell’Ucraina arriva da Berlino: il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha congelato l’approvazione del gasdotto Nord Stream 2 finalizzato a trasportare il gas russo in Germania e, da qui, in altre parti d’Europa. L’infrastruttura, praticamente ultimata, aspetta solo l’autorizzazione tedesca per entrare in funzione. Oggi “la situazione è fondamentalmente diversa” ha detto Scholz “ed è per questo che dobbiamo rivalutare questo progetto alla luce degli ultimi sviluppi”. Scholz ha affermato di aver chiesto al ministero dell'Economia tedesco di ritirare il suo rapporto sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico senza il quale il gasdotto Nord Stream 2 non può entrare in funzione.

Sanzioni sono state annunciate anche da Canada e Giappone.


Il governo estone ha deciso di invocare le consultazioni ai sensi dell’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico, in cooperazione con altri alleati, tra cui Lettonia, Lituania e Polonia.

Il presidente degli Stati Uniti Biden dopo aver accusato la Russia di "guerra premeditata" ha fatto sapere che alle 15.00 del 24 febbraio si consulterà a distanza con i partner del G7 (sotto presidenza tedesca e con la partecipazione anche del Segretario Generale della NATO Stoltenberg) e alle 18.30, ora italiana, dopo si rivolgerà agli americani per spiegare quali saranno le nuove conseguenze imposte alla Russia dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Stando alla scaletta già concordata, USA, UE, Regno Unito, Giappone e Canada dovrebbero imporre sanzioni più dure: «Imporremo sanzioni dure alla Russia e continueremo a fornire sostegno e assistenza all’Ucraina e alla sua popolazione», ha detto Biden a Zelensky, in una telefonata. Ci si aspetta che siano colpite le esportazioni in Russia di materiale tecnologico e le banche più importanti.

leader del G7 nella dichiarazione congiunta sull'invasione russa dell'Ucraina hanno affermato: monitoreremo attentamente le condizioni del mercato globale del petrolio e del gas anche nel contesto di ulteriori aggressioni militari della Russia contro l'Ucraina; sosterremo l'impegno e il coordinamento tra i principali produttori e consumatori di energia verso il nostro interesse collettivo alla stabilità delle forniture energetiche e ci terremo pronti ad agire come necessario per affrontare potenziali interruzioni.

In Italia il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha condannato l’attacco «ingiustificato e ingiustificabile» della Russia contro l’Ucraina. «Il Governo italiano condanna l’attacco della Russia all’Ucraina. È ingiustificato e ingiustificabile. L’Italia è vicina al popolo e alle istituzioni ucraine in questo momento drammatico. Siamo al lavoro con gli alleati europei e della NATO per rispondere immediatamente, con unità e determinazione». Si è riunito anche il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica e il Consiglio dei Ministri.

Si è riunito infine il Consiglio Supremo di Difesa (presieduto dal Capo dello Stato, è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai Ministri per gli affari esteri, dell’interno, dell’economia, della difesa e dal Capo di stato maggiore della difesa) alle ore 16.30.

Nel Comunicato del Consiglio Supremo di Difesa, oltre ad esprimere "la più ferma condanna per l’ingiustificabile aggressione militare lanciata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina" e a chiedere alla Federazione Russa l’immediata cessazione delle ostilità e il ritiro delle forze fuori dai confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina" e a ribadire il pieno sostegno all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Ucraina" e sostegno alo suo popolo, si afferma che "Insieme con i paesi membri dell’UE e gli alleati della NATO è indispensabile rispondere con unità, tempestività e determinazione. L’imposizione alla Federazione Russa di misure severe vede l’Italia agire convintamente nel quadro del coordinamento in seno all’Unione Europea. Perché l’Europa non precipiti improvvisamente in un vortice di guerre, è necessario agire con forza e lungimiranza per ristabilire il primato del diritto internazionale e la salvaguardia dei principi e dei valori che hanno garantito pace e stabilità al nostro continente".

Per l'UE, il Presidente della Commissione Von der Leyen e l'Alto Rappresentante Borrell hanno immediatamente annunciato un ulteriore pacchetto di sanzioni massicce e mirate con le quali verranno colpiti settori strategici dell'economia russa volte a bloccare l’accesso a tecnologie e mercati che sono fondamentali per la Russia.

Il Consiglio europeo straordinario che si è svolto in presenza a Bruxelles alle ore 20.00 del 24 febbraio ha concordato, in stretto coordinamento con i partner e alleati, "ulteriori misure restrittive che avranno enormi e gravi conseguenze per la Russia a causa delle sue azioni. Tali sanzioni riguardano il settore finanziario, i settori dell'energia e dei trasporti, i beni a duplice uso nonché il controllo e il finanziamento delle esportazioni, la politica in materia di visti, ulteriori inserimenti in elenco di persone di cittadinanza russa e nuovi criteri di inserimento in elenco". Il Consiglio europeo ha chiesto inoltre l'elaborazione e l'adozione urgenti di un ulteriore pacchetto di sanzioni individuali ed economiche che riguardi anche la Bielorussia.

Il 25 febbraio ci sarà un Vertice straordinario NATO allargato a Svezia e Finlandia, in formato virtuale. La NATO intende rafforzare il Fianco Est con un dispositivo in Ungheria e Bulgaria.


La partita energetica

Com'è noto, "da Kiev passa oltre il 37% del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente (dati del 2021): una percentuale che negli ultimi anni si è ridotta, di pari passo con la realizzazione di nuovi gasdotti che hanno permesso l’apertura di rotte alternative, ma che ad oggi non consente ai Paesi europei di prescindere dalle forniture in arrivo dall’Ucraina. Tanto meno all’Italia, che dipende da Mosca per il 40% delle proprie importazioni di gas naturale. Un’arma di ricatto formidabile nei confronti dell’Europa in mano alla Russia, che ha già iniziato a chiudere i “rubinetti” in direzione di Kiev, dato che i flussi di gas in transito dall’Ucraina sono ai minimi degli ultimi anni. Ma anche uno strumento di pressione per fare approvare il recente – e discusso – gasdotto Nord Stream 2, che porterebbe l’energia direttamente in Germania attraverso il Baltico e che si inserisce nel disegno russo di diversificare le rotte di approvvigionamento bypassando l’Ucraina" .

Proprio sulla partita energetica si è misurata finora la distanza tra Washington e le capitali europee. L’Europa infatti dipende da Mosca per la maggior parte delle sue forniture energetiche e molti temono che, in caso di conflitto, il continente europeo - già alle prese con un massiccio aumento dei prezzi - sarebbe esposto ad uno shock energetico senza precedenti e temono anche che nuove sanzioni, in un momento di carenza di risorse e con un sistema economico che cerca di riprendersi dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia, possano trasformarsi in un boomerang per l’Occidente.

Tuttavia le pressioni di Washington avrebbero indotto la Germania ad aderire al ricorso alla cosiddetta "opzione nucleare" cioè a congelare il gasdotto Nord Stream 2, "quella che finora Berlino si era rifiutata di mettere su tavolo per le enormi implicazioni economiche e politiche"

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