Le concezioni della
Storia: il progresso
Nella prefazione al libro "I Malavoglia"(1881), Giovanni Verga espone in un modo ambiguo la sua idea di "Progresso" e della conseguente evoluzione storica.
Verga è stato un "positivista" ed in quanto tale è stato favorevole al progresso; eppure alla tirata delle somme è un positivista-pessimista. Egli presenta nelle sue opere l'umanità "in cammino", circostanza che in prima battuta ritiene grandiosa. Eppure, guardando subito dopo con occhio distaccato, da lontano, egli ritiene che quel cammino dell'umanità va a giustificare i delitti, i soprusi e le ingiustizie che hanno consentito l'avanzata evolutiva dell'umanità.
La marcia dell'umanità è da lui concepita come evoluzione basata sulla selezione naturale e sulla lotta per la vita. Ciascuno uomo coltiva il proprio egoismo e il proprio "benessere materiale" purtroppo attraverso varie contraddizioni, dolori e sopraffazioni. Tutti i vari egoismi sommati fra loro arrivano a costituire il "progresso".
Se questa è la visione di Verga, egli si riserva o si consente il diritto di guardare tutt'attorno e di farsi coinvolgere da vicino dalla povera situazione dei vinti, delle vittime che il progresso via via va lasciando indietro.
Pirandello nel Fu Mattia Pascal (1904) si allaccia alla visione anti-progressista di Leopardi che -come sappiamo- vede l'umanità inondata dal senso angosciante della propria relatività. La condizione dell'uomo -per Leopardi- sarebbe via via peggiorata, piuttosto che migliorata. Pirandello dal canto suo vede le masse cittadine immerse nel "frastuono" della folla e dello "stordimento", causato dalle macchine e dai tram elettrici.
Nessun commento:
Posta un commento