Le aree interne della Sicilia, durante l'intero quattrocento (XV sec.), appaiono, lo abbiamo più volte ricordato su queste pagine del Blog, disabitate e destinate alla pastorizia e, sotto altro aspetto, a vastissimi boschi. Non si trattava, per quanto attiene alla pastorizia, di greggi di due/trecento capi, bensì dalla consistenza ciascuno di alcune migliaia.
Grosse mandrie si spostavano pertanto nell'arco dell'anno dai monti che circondano Palermo fino ai confini dell'attuale territorio di Contessa Entellina. Si trattava prevalentemente di mandrie appartenenti all'Arcivescovato di Monreale il cui territorio si estendeva fino a Bisacquino e che lambiva, ovviamente, i feudi appartenenti da un lato ai Peralta-Cardona e dall'altro al Monastero di Santa Maria del Bosco.
In altre pagine di rievocazioni storiche abbiamo ipotizzato le buone (dal loro punto di vista) ragioni per cui i Cardona hanno assegnato agli arbëreshe le aree di confine dei loro domini (Serradamo-Contesse) in enfiteusi, e soprattutto rilevato le buone ragioni per consentire la costruzione dell'abitato di Contessa proprio in quel sito e non, magari alle falde di Calatamauro: la potenza e l'influenza del Monastero di Santa Maria e dell'Arci-diocesi di Monreale erano tanto grandi che avrebbero potuto, al fine di espandersi, senza difficoltà potuto ottenere l'assegnazione su gran parte dei feudi di pertinenza dei Cardona.
Se i Cardona hanno pagato addirittura a gruppi di greci il viaggio per farli arrivare in questa parte di Sicilia, ciò è potuto avvenire perchè l'Arcidiocesi di Monreale -nella sua insaziabile pretesa di dominio- puntava all'ampliamento dei suoi domini feudali, proprio come era già accaduto ai danni della (scomparsa) feudalità di Batellaro. I vasti feudi che ricadevano nella competenza della Signoria di Batellaro erano stati -infatti-, qualche decennio prima, ri-assegnati pro-quota sia al Monastero di Santa Maria che che all'Arci Diocesi di Monreale.
Le operazioni di questo tipo trovavano sempre il favore della Monarchia perchè in Sicilia la nomina degli Abati, dei Vescovi e degli Arcivescovi -sino all'Unità d'Italia avanzata- non competeva come in ogni parte del mondo cattolico alla sede romana, ma ai sovrani dell'Isola. E questa situazione si è protratta sino al primo decennio di governo regio dei Savoia.
(Segue)
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