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mercoledì 30 marzo 2022

Antonino G. Marchese. Insula - Frammenti di cultura siciliana (1)

 Dal libro, curato dall'amico e già compagno di scuola, Antonino G. Marchese,  "Insula -Frammenti di cultura siciliana", estrapolo una pagina dal titolo "Un'opera inedita di Benedetto Marabitti a Contessa Entellina: la statua lignea della Madonna della Favara".
(I' parte)

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"E' una scultura eseguita forse prima della metà del secolo XVII, se consideriamo che nell'anno 1660 doveva già esistere, in quanto veniva autorizzata formalmente la processione dal vescovo di Girgenti. Dicono che sia di legno di fico. Non si conosce l'autore". Così scrive Calogero Raviotta a proposito della statua della Madonna della Favara della chiesa parrocchiale latina di Maria SS. delle Grazie di Contessa Entellina, oggetto di culto particolare da parte di questa comunità italo-greco-albanese di Sicilia.

L'ignoto autore di tale statua adesso ha comunque un nome ben preciso, grazie alla mia ricerca archivistica che ha portato alla luce il contratto di allogazione dell'opera, in data 10 settembre 1651 (5° indizione), agli atti del notaio Pietro Schirò di Contessa Entellina. Grazie a tale contratto sappiamo infatti come il "magister Benedetto Marabiti habitator terre Cluse et ad presens hic commetisse reperto" si obbliga con Simone Ziamarda, Pietro Sciammira, Luca Vitagliotta, sac. Don Leonardo Rizzo, Simone Schirò, Marco Duci, Mario Mustiachia, Domenico Lala, Francesco Lombardo, sac. Don Demetrio Diamante, Gaspare Ferlito e Bartolomeo Mustiachia tutti di Contessa, ad eseguire "magistribiliter ur dicitur la statua della Madonna della Favara di questa terra alta sei palmi e mezzo con lo suo zioculo et lo suo sgabelo tutti dorati d'pro fino tanto di dritto quanto riverso di capo a piedi et la immagine scolpita er sgrafita d'alaca et a violetto fino e quello che ci vorranno assegnare et fare nello sgabello stia in electione dilli detti prenominati personi".

 Oltre l'essenza (il salice, da usare per l'intsaglio) il contratto stabilisce dunque la scadenza per la consegna dell'opera da parte dello scultore di Chiusa Sclafani, cioè il 30 giugno del medesimo anno indizionale (1652), come pure la relativa mercede fissata in 32 onze. Il prezzo considerevole sta ad indicare dunque l'alta considerazione in cui era tenuta la personalità di Benedetto Marabitti da Chiusa, già da me individuata nel mio volume I Lo Cascio da Chiusa Sclafani, scultori in legno del '500 (Palermo, Ila-Palma, 1989) e che ulteriori mie ricerche hanno portato a stabilire le origini romane di questo artista approdato agli inizi del '600, assieme al fratello Lorenzo, a Chiusa (Sclafani), ossia la "capitale" artistica della scultura lignea della Sicilia Occidentale tra Maniera e Barocco, grazie appunto ai Lo Cascio (Silvio senior, Marco, Silvio junior) e ad altri intagliatori chiusesi quali Domenico Rasca, Vincenzo Passalacqua, Giuseppe Daino, Antonino Rizzo.

(Segue)

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