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domenica 26 settembre 2021

Alle radici della Storia d'Italia e di Sicilia: dall'Ottocento ad oggi (4)

 Il 18 febbraio 1861 una gran folla -a Torino-  si raduna ai bordi delle vie e delle piazze dove dovrà passare il corteo regale: Vittorio Emanuele II dovrà recarsi a Palazzo Carignano per innaugurare il primo Parlamento italiano. In realtà il discorso che il re dovrà pronunciare non è suo, è stato immaginato e scritto dal primo ministro Cavour.

 Attorno a quell'evento, sicuramente fondamentale per il futuro del Paese, esiste tuttavia inimicizia personale fra i tanti "padri della Patria". Tutti detestano gli altri.

1) Garibaldi ebbe a dichiarare: "Piuttosto che tendere la mano al conte di Cavour, giuro che me la farei tagliare".

2) Vittorio Emanuele da parte sua è riuscito a dichiarare: "se i Borboni avessero catturato e impiccato Garibaldi le cose si sarebbero molto semplificate. Che bel monumento gli avremmo fatto innalzare!".

3) Cavour ad un suo amico: "Il re non mi ama, ed è di me geloso: mi sopporta ministro, ma è lieto quando non mi ha a fianco. Come rappresentante del principio monarchico, come simbolo dell'Unità, sono pronto a sacrificare al re la vita, le sostanze, ogni cosa infine; come uomo desidero da lui un solo favoro, il rimanermene il più lontano possibile".

4) Mazzini è considerato sia dal re che da Cavour una sorta di pericolo pubblico: sul suo capo pende, ad unità del Paese raggiunto, una condanna a morte. Da parte sua Mazzini accusa il re di non mai aver voluto l'unità del Paese, ma semplicemente un discreto ampliamento dei confini sabaudi.

In quel 18 febbraio tutti però si sentono impegnati a recitare ruoli concilianti. Ma non durerà allungo.

Il discorso proposto dal primo ministro, Cavour, al re nell'occasione della proclamazione del Regno d'Italia ha toni concilianti nei confronti di tutti. Il Paese ormai è unito dalle Alpi a Pantelleria. Alla liberazione dai Borboni del Sud si sono aggiunte le annessioni delle Marche, dell'Umbria operate ai danni dello Stato pontificio dall'esercito piemontese. Restano ancora fuori dai confini del nuovo Regno Roma e Venezia.

Cavour culturalmente
e politicamente fu un
liberale. I liberali in quel
contesto storico erano un'ala
politica progressista rispetto
al mondo "conservatore"
se non reazionario di allora.

La distanza politica e culturale
sia da Mazzini che da
Garibaldi era -già allora- 
indescrivibile.
Eppure queste tre figure,
congiuntamente a Vittorio
Emanuele II sono
per la storiografia tutte
da annoverare con apporti
e ruoli differenti
"Padri della Patria".


Le elezioni per il nuovo Parlamento si erano svolte il 27 gennaio ed il successivo ballottaggio il 3 febbraio 1861. Cavour era il leader della Destra liberale, di contro Garibaldi il leader della Sinistra radicale e socialisteggiante. Per evitare contraccolpi il primo ministro Cavour aveva provveduto a ridurre all'inverosimile i collegi del Sud dove i seguaci di Garibaldi erano troppi e lasciò di contro immutati gli altri collegi elettorali.

La legge elettorale fu scritta e fatta votare con intenti accentuatamente discriminatori (risale al Novembre 1859): elettori furono solamente i maschi con oltre 25 anni, capaci di saper leggere e scrivere e che in un anno paghino all'erario pubblico almeno lire 40 di imposte dirette. Sul solco di quella normativa, in un paese dove la povertà era dilagante e l'analfabetismo rasentava l'80% della popolazione, gli elettori non superarono la percentuale del 2% della popolazione. Quel 2% nel Meridione  si ridusse di parecchio anche perchè da Napoli in giù oltre il 90% della popolazione era analfabeta, a parte il taglio dei collegi elettorali voluto da Cavour di cui dicevamo sopra.

Per la tornata elettorale che decideva l'Unità del Paese su 418.696 aventi diritto al voto, si sono recati alle urne 239.583 elettori (57,22%). Va aggiunto che contro quelle prime consultazioni elettorali si schierò il clero. Il giornale cattolico "L'Armonia" ebbe a scrivere:

... tra coloro che combattono il Papa con le ipocrisie e coloro che vogliono combattere apertamente con l'empietà  e colla demagogia. E noi diciamo: "Nè l'uno, nè l'altro; sono tutti d'una stessa buccia. E ci asterremo"

 Il partito di governo, i liberali di Cavour, vinsero le elezioni su tutta la linea. Furono eletti in tutto 443 deputati, 300 dei quali della maggioranza liberale. Un parlamentare-scrittore di quella prima legislatura, Petruccelli della Gattina, ebbe a scrivere: nel Parlamento "vi è di tutto, il popolo eccetto!".

 Scrittori siciliani avevano immaginato che, in relazione all'estensione della superficie e alla consistenza della popolazione dell'ex regno borbonico, al Meridione sarebbe spettato uno spazio notevole all'interno della pubblica amministrazione, si accorsero invece che questa fu ovunque occupata da funzionari piemontesi. La sensazione -allora- fu che non di unificazione dell'Italia si trattò ma della piemontizzazione della penisola.

(Spunti di molte riflessioni qui 

riportate sono dovuti alla Storia d'Italia di Arrigo Petacco).

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