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giovedì 23 settembre 2021

Alle radici della Storia d'Italia e di Sicilia: dall'Ottocento ad oggi (3)

La storiografia e l'oleografia ha sempre offerto un
Garibaldi umiliato ed offeso. Ripagato con
l'ingratitudine del contributo da lui offerto
all'unità d'Italia, si rifugiò a Caprera.



 Il personaggio spontaneo Garibaldi
Il governo piemontese invidioso

Nei movimenti patriottici per riunificare in un unico stato l'Italia Giuseppe Garibaldi viene posto sempre in primo piano. Eppure egli appartiene a quei patrioti che non facero mai parte dei giochi ampi della diplomazia e della politica di Stato, come fu Cavour, nè del gioco delle alleanze internazionali. 

Amava le spontanee sollevazioni di popolo di cui sicuramente fece parte la conquista del meridione d'Italia. Di questa impresa -come è noto- i frutti politici non li colse lui, uomo d'azione, ma l'abile ed esperto del gioco diplomatico Cavour il quale alla fine dell'impresa garibaldina inviò nel Sud le truppe regolari piemontesi.

L'uomo d'azione Garibaldi dopo aver conquistato Napoli attese lì il momento opportuno per marciare su Roma. Non pensava tuttavia la stessa cosa l'uomo di Stato Cammillo Cavour per più ragioni: anzitutto non poteva permettersi l'ulteriore espansione di fama di Garibaldi nè che le gesta garibaldine oscurassero quelle dell'esercito regio piemontese.

Quale fu la reazione piemontese ai successi garibaldini?
 Il re, Vittorio Emanuele II, a fronte della generosità di Garibaldi, rivolto a Cavour ebbe a dire: "La canaglia è canaglia fino alla fine. Per noi e per l'Europa voglio dare un esempio e sul sicuro". La realtà storica ci fa sapere che a Torino, nei giorni in cui Garibaldi otteneva successi nel Meridione, giravano sentimenti di gelosia e persino di odio nei confronti del generale delle camicie rosse. Vittorio Emanuele faceva girare la voce che Napoli in mano ai garibaldini era mal governata ed avvenivano episodi esecrabili "talents militaires sont bien faibles" (le sue doti militari sono insignificanti).
A fronte dell'invidia che covava a Torino, nel Meridione, Garibaldi, il suo governo provvisorio, indisse le votazioni per l'annessione del Sud al Regno d'Italia, il cui esito fu favorevole. Perchè l'esito referendario  fosse favorevole all'Unità del Paese il generale aveva diffuso un suo comunicato: "Le Due Sicilie, le quali al sangue italiano devono il loro riscatto e che mi elessero liberamente dittatore faranno parte integrante dell'Italia una e indivisibile col suo re costituzionale, Vittorio Emanuele. Io deporrò nelle mani del re, al suo arrivo, la dittatura conferitami dalla Nazione".

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Ricordi familiari:
Sul finire degli anni cinquanta del Novecento e per alcuni degli anni sessanta, un fratello della nonna materna di chi scrive, veniva a trascorre a Contessa -in via Marsala- a Contessa E., due/tre mesi estivi. 
Egli e  la nonna erano figli di un garibaldino originario di Cinisi -Felice Finazzo- che aveva combattuto a ponte Ammiraglio. In ogni ritorno in Sicilia da New Orleans, quel fratello della nonna, dedicava due settimane da trascorrere a Caprera dove sta ancora oggi la tomba di Garibaldi. -Per quello zio- quelle visite a Caprera suscitavano lo stesso stato d'animo di chi, religioso, si reca sulla tomba di un personaggio santificato dalla Chiesa.
Quando negli anni ottanta del Novecento quello zio, fratello della nonna, morì venne in Sicilia -a Cinisi paese di origine dei Finazzo- un suo figlio che dopo aver fatto conoscenza con i parenti di Sicilia partì per Caprera per soggiornarvi le due tradizionali settimane, come il padre aveva richiesto.

Sulla base di questi ricordi familiari, sulla figura di Garibaldi, ci soffermeremo sul Blog ancora per qualche pagina.

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