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| Per ebrei e cristiani la Bibbia ha valenza di rivelazione che Dio fa di sé agli uomini. |
Il termine Bibbia pare derivi dal greco biblica, che non è altro che la forma plurale, di genere neutro, biblioteche, libro, una forma usata da autori ebrei che scrivono in greco (ad esempio Giuseppe e Filone) per indicare l’insieme delle Scritture ebraiche. A partire almeno dalla fine del IV secolo cominciò ad essere usato in latino come vocabolo femminile singolare per indicare la collezione di tutti i testi sacri cristiani, comprendente l’intera serie delle Scritture ebraiche ( secondo la versione della Settanta) con in più i testi relativi al messaggio cristiano, e da qui è diventata la designazione corrente nelle lingue occidentali. La raccolta fu così distinta in Antico Testamento (Scritture ebraiche) e Nuovo Testamento (I libri relativi a Gesù e agli apostoli). “Testamento” sta per “patto”, “alleanza”.
Datazione indicativa
I libri entrati a far parte del canone cristiano, cioè della lista dei libri riconosciuti come sacri e normativi per la chiesa universale, furono selezionati all’interno di una letteratura molto più ampia circolante fin dai primi tempi della vita della comunità ecclesiale. I libri non entrati nel canone vanno sotto il nome di ”apocrifi” (dal greco apokryphos, “nascosto, segreto”), e furono esclusi o perché non garantiti da una tradizione autorevole o perché ritenuti non conformi all’insegnamento cristiano ufficiale, quando non addirittura sospetti di eresia. Gli apocrifi del Nuovo Testamento -vangeli, atti, epistole, apocalissi ecc.- riflettono spesso tendenze spirituali presenti nelle comunità cristiane dei primi tempi.

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