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venerdì 22 agosto 2025

Conti che non tornano

  • Dall’Unione Europea si preannunciano
    tagli al comparto agricolo.
    Banca d'Italia stima un'inflazione dell'1,5% per l'intero 2025.
  •  Dati Istat: A giugno 2025, l'inflazione ha raggiunto l'1,7% su base annua. A luglio 2025, l'inflazione è rimasta stabile all'1,7%





 Il governo sostiene che c’è più occupazione ma tutti ci accorgiamo di essere più poveri: cosa succede in Italia?

 Il parere dei Centri Studi

«La risposta più semplice è che il lavoro stesso – quello dipendente – si è impoverito: in remunerazione ma anche in qualità per una buona parte degli italiani. Perché il sistema economico, soprattutto il comparto industriale che era il fiore all’occhiello e il motore primo del Paese, si è sfilacciato. Abbiamo perso molti grandi campioni, restiamo ancorati a un sistema di piccole aziende, flessibili sì ma non in grado di essere all’avanguardia nello sviluppo di nuove tecnologie e processi, scontiamo una scarsa produttività di sistema. I servizi non hanno supplito creando sufficiente valore, specializzazione e innovazione».


E su noi delle aree interne?


l’Unione taglia i fondi all’agricoltura

Il nuovo bilancio europeo è più ricco ma non per le risorse destinate al settore rurale. Il taglio del 24% sta già sollevando dubbi e preoccupazioni. Fino ad oggi circa i due terzi del bilancio comunitario erano riservati all’agricoltura e alle politiche di coesione. L’attenzione al mondo agricolo era ed è finalizzata al sostegno dei redditi di chi coltiva e, soprattutto, alla qualità delle produzioni. Oltre che alla sicurezza alimentare che oggi intendiamo come la disponibilità di cibi sani. 

Il nuovo schema di bilancio che ha già creato una grave frattura istituzionale tra Parlamento europeo e Commissione, riduce la parte riservata all’agricoltura (da 380 a 300 miliardi), ma soprattutto la accorpa ad altri interventi di natura sociale (nel capitolo «Persone, Paesi e Regioni») nazionalizzando di fatto le decisioni di spesa che potranno ovviamente essere aumentate, e non solo diversamente gestite a livello nazionale. All’Italia andrebbero 86,6 miliardi, quarto Paese per rilevanza delle quote. Ma non è solo una questione di risorse che per l’agricoltura europea risultano comunque tagliate del 24%. È una questione politica e identitaria. «Quella a cui stiamo assistendo — spiega Paolo De Castro, docente di Economia e Politica agraria all’Università di Bologna — è l’eutanasia, non so fino a che punto voluta, della politica agricola comune».

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