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sabato 16 agosto 2025

Democrazia, totalitarismo e autocrazia

La democrazia, il totalitarismo e l'autocrazia rappresentano tre forme distinte di governo che ai nostri giorni sono presenti sulla scena del nostro piccolo pianeta, con caratteristiche e principi fondamentali che le differenziano nettamente

==La democrazia si basa sul principio della sovranità popolare, dove il potere risiede nel popolo e viene esercitato attraverso la partecipazione politica e le elezioni

==Il totalitarismo, invece, è un regime dittatoriale che cerca di controllare ogni aspetto della vita pubblica e privata, attraverso un'ideologia unica e un partito dominante

==L'autocrazia, infine, è un sistema di governo in cui il potere è concentrato nelle mani di un singolo individuo, che lo esercita in modo assoluto e senza limiti. 

* * * 

Cosa sta capitando?
se alla fine del secolo scorso la
democrazia sembrava poter
affermarsi in tutto il mondo,
all’inizio di questo secolo appare
ovunque in crisi. La sua promessa
di libertà per tutti i popoli viene
indebolita sia sul piano del
funzionamento delle istituzioni
democratiche
(istituzioni di
governo ai diversi livelli – da
quello locale a quello internazionale –,
parlamenti, partiti), sia sul piano
del coinvolgimento popolare nei
processi decisionali ed elettorali
(si pensi all’astensionismo e
alla disaffezione), sia sul piano
della sua anima etico-culturale.
Nonostante l’accrescimento
della comunicazione, prevalgono
la
frammentazione sociale,
l’
individualismo utilitarista, che
lasciano poco spazio per
pensarne il futuro. Con cittadini
e rappresentanti intrappolati in
forme populiste ed illiberali
di
democrazia, diventa sempre più
difficile realizzare la democrazia
sostanziale, partecipativa, solidale,
deliberativa, inclusiva.








Ma l’America di Trump cosa e’? 

Riportiamo qui di seguito uno stralcio di un lunghissimo 

articolo sul Corriere della Sera di Sabino Cassese del 25 giugno c.a. 

Il presidente Trump ordina la deportazione degli immigrati, limita la libertà della ricerca, licenzia dipendenti pubblici, ordina e minaccia interventi militari, oscilla continuamente tra annunci e ritrattazioni, tutto questo senza espresse autorizzazioni parlamentari. 

È la prima volta che accade nella bicentenaria storia della democrazia americana? Si può dire che siamo in presenza di una torsione autoritaria o che riprendono vigore i germi di totalitarismo insiti in quella democrazia?
Considerato che l’America ha insegnato la democrazia al mondo, dobbiamo preoccuparci che le democrazie possano fare salti indietro?
Non è la prima volta che la democrazia americana sperimenta eclissi di questo genere. La Costituzione americana assegna al Parlamento il compito di dichiarare guerra e autorizzare l’uso della forza militare, e al presidente quello di agire come comandante capo. Ma fin dalla presidenza Truman (1945-1953) l’esercizio dei poteri di guerra è stato diverso, perché molti presidenti hanno deciso il ricorso alle forze armate senza preventiva autorizzazione parlamentare. Da allora i conflitti tra i due poteri, quello legislativo e quello esecutivo, sono stati numerosi e molti i progetti di riforma per impedire l’uso unilaterale del potere militare da parte del presidente.

Poi, sempre dalla metà del secolo scorso, ad opera di un influente senatore, Joseph McCarthy (1908-1957), furono messe sotto accusa attività dette antiamericane, creando un clima isterico, ponendo sotto sorveglianza persone come Einstein e Pauling, giungendo fino alla messa a morte dei coniugi Rosenberg. Un grande intellettuale italiano, Giuseppe Antonio Borgese, che viveva da venti anni negli Stati Uniti, in un articolo pubblicato l’11 novembre 1950 sul «Corriere della Sera», osservò che questo metteva in dubbio la «costanza delle istituzioni repubblicane e liberali americane»; e definì «intrinsecamente totalitaria» la legge McCarran, l’«Internal Security Act», uno degli strumenti di quello che venne definito maccartismo. In una lettera scritta il 25 gennaio 1951 a Vittorio Emanuele Orlando, Borgese chiamava questo corso della politica americana «American dementia» e ne criticava la «sovraeccitazione nazionalista e divisiva» (dobbiamo alla illuminata opera della Fondazione Borgese e alla cura di Giovanni di Stefano se il ricco carteggio, durato quasi mezzo secolo, tra Borgese e Orlando sia stato recentemente pubblicato con il titolo «Un’affettuosa telepatia»).

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