Avamposti contro la disgregazione sociale
Centri Culturali. Qualcuno li definisce avamposti che dovrebbero suscitare confronto libero, pacato, sui temi e problemi rilevanti della vita civile, culturale e pure di quella spirituale delle comunità e persino del mondo esterno che sta attorno a quelle comunità.
In passato a Contessa Entellina di centri culturali ne sono sorti, e poi … morti, tanti.
Ci viene alla memoria un centro Kennedy, anteriore al terremoto ‘68, poi un circolo Palak, nel post terremoto. Ed ancora altre iniziative, fino ad altre recenti di cui non abbiamo e non abbiamo avuto, personalmente, frequentazione.
Quelli che oggi sono i nuovi centri culturali rappresentano i principali crocevia dell’attivismo civico e culturale in Italia, fucine di cultura collaborativa. |
In un piccolo centro, quale ormai è ridotto la nostra Contessa E., e’ improbabile che possano esistere barriere che impediscano la vita intellettuale e spirituale dei residenti, come nei ricordi spuntano antichi contrasti fra greci e latini, fra democristiani e social-comunisti. Eppure la cultura locale, se così possiamo definirla, ristagna nelle continue ripetizioni a sfondo nostalgico, mentre le navicelle spaziali vanno e vengono alla ricerca di nuovi spazi e nuovi cieli da destinare a chi verrà dopo di noi.
I circoli culturali, pensiamo noi, devono avere la stessa funzione (con le dovute proporzioni di attitudini e ruoli culturali) che le Università hanno nelle grandi città.
Cosa si fa nei centri culturali? Si può fare di tutto per la crescita umana. Si può agire in diversi ambiti, come quello musicale, del cinema, del teatro, dell'educazione civica, dell'arte, dello sport e della protezione ambientale. Tra le varie attività si possono organizzare corsi, eventi, gite, e raccolte fondi. Il tutto può avvenire persino con sostegni pubblici, perché nei centri in rapida decrescita -come avviene nella nostra Contessa Entellina- la coesione sociale è ormai fortemente a rischio di fronte alla complessità generale della contemporaneità.
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