Alessandro Trovino.(nt. 1965). È giornalista del Corriere della Sera dal 1999: ha lavorato prima in cronaca, poi come cronista parlamentare a Roma per 13 anni, ora scrive di politica e cultura.
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Tre capoversi di un più lungo testo
All’Onu discutono di povertà
1) Due secoli fa, tre quarti della popolazione mondiale viveva in povertà estrema. Vivevano in condizioni precarie, senza riscaldamento, senza cibo. La metà dei bambini non arrivava all’età adulta. E ora? Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, naturalmente, anche se molti progressi sono stati fatti. Ma a che punto siamo?
2) I capi di Stato del mondo si stanno riunendo a New York per l’annuale Assemblea generale delle Nazioni Unite, «Summit of the future». L’obiettivo è ambizioso, davvero un vasto programma, come diceva lo statista: «Porre fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque».
3) Il problema è che, secondo Max Roser del New York Times, l’Onu usa, per definire il livello di povertà internazionale, una soglia molto bassa. Ovvero, 2,15 dollari al giorno. Secondo questo dato, il 73 per cento degli abitanti del Mozambico vive in povertà estrema. Nella Repubblica del Congo è il 75. Ma davvero una quantità di denaro può definire con efficacia questa soglia? C’è un altro schema che viene usato — chiamato «economia della ciambella» — che prende in considerazione una serie di voci necessarie per poter definire condizioni di vita dignitose. E sfocia anche esso in una cifra: 3,10 euro al giorno. Dunque, poco più di 90 dollari al mese.
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