Un lungo cammino.
Il periodo storico feudale può essere studiato e valutato da più punti di vista. C’è chi lo studia e lo giudica nella sua struttura ed essenza, e chi lo studia nei suoi effetti e conseguenze sociali ed economiche. Ci sono storici che nel periodo medievale (=feudale) vedono un ponte tra il periodo antecedente, quello barbarico, e il mondo moderno che si dispiegherà dal Cinquecento in poi fino ad arrivare alla Rivoluzione Francese.
Il periodo storico feudale non in tutta Europa ha avuto la stessa durata. In Sicilia esso era ancora vigente e vitale lungo tutto il millesettecento, già in piena era Modernità, quando in altri paesi il feudalesimo aveva sopratutto e particolarmente caratterizzo il Medio Evo.
A chi scrive questa pagina preme evidenziare che all’interno di tutte le comunità esistono forze che difendono l’assetto civile e socio- economico esistente e forze che già immaginano e intravedono un nuovo modello del vivere umano. Sempre e tutte le comunità del pianeta hanno proceduto secondo questo schema. Conservatori e Progressisti (con denominazioni differenti) sono sempre esistiti e si sono sempre confrontati in ogni parte del pianeta ed in ogni tempo dell’umanità.
Pure a Contessa Entellina, dal cinquecento alla fine del settecento, esistette un confronto (non accentuato, ma continuo) verso un diverso modello di società, meno accentrato in un unico assetto, in una unica fonte di potere che accomunava invece i ruoli della politica, dell’economia, della giustizia e pure attraverso più vie quelli della religione. In una parola un potere che condizionava il vivere civile complessivo delle comunità rurali. Comunità feudale fu Contessa dal Cinquecento (o meglio da qualche decennio prima) e feudale continuo’ ad essere fino ai primi anni dell’Ottocento.
Le Università, così venivano denominate le istituzioni locali (=i Municipi) di ciascun paese, lungo tutti i tre secoli di regime feudale, cinquecento, seicento e settecento raramente segnalarono ai Baroni di turno i disagi locali. In quei secoli non capitarono contestazioni globali all’assetto baronale, ma rari attacchi ai tanti, troppi “vincoli” e “balzelli” che spuntavano e gravavano sulle terre affidate in enfiteusi (=Serradamo e Contesse) e sugli altrettanti e numerosi balzelli che gravavano sulle attività artigiane e commerciali, per non parlare dei tributi sui generi di largo consumo, che si trattasse di vestiario o aratri da lavoro, e poi le decime e i diritti fissi dovuti alla baronia.
Va detto da adesso che mai a Contessa scoppiò una rivolta, una agitazione, nemmeno una protesta contro il barone di turno. Il che non vuol dire che non si osò mai avversare l’autorità baronale. Quell’autorità lentamente, con la tattica della goccia che intacca la pietra, fu indotta a indietreggiare su più fronti non tanto dalla gente che viveva peggio ossia le fasce contadine, ma dagli stessi apparati amministrativi, legali, religiosi che direttamente o indirettamente facevano parte dell’apparato baronale. Nulla di appariscente accadde, almeno a Contessa, però qualcuno degli uomini dell’apparato baronale lascio’ scritto che “la molle acqua e’ capace di scavare la dura pietra”.
Chi scrisse quella frase lascio’ intendere che a mettere in crisi, nel lungo termine di oltre tre secoli, il dominio baronale non furono le fasce contadine locali, costrette a vivere con i piccoli lotti di terreno dati loro in enfiteusi nelle contrade di Serradamo e Contesse, ma quei ceti intermedi (apparato amministrativo e tecnico della stessa baronia, parte del clero e quei pochissimi che avevano condotto studi esterni al mondo locale e fungevano da notaio).
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Dopo ancora una pagina introduttiva, passeremo a fotografare la realtà di vita e quella burocratica amministrativa su cui si reggeva la Università di Contessa, che ovviamente non differiva in nulla, o di poco, dalle altre Università dell’area vasta dominata dai Cardona-Peralta nel Centro-Sud-Est dell’Isola.
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