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venerdì 13 settembre 2024

Come funzionava il sistema feudale nel Cinquecento (2)

Un lungo cammino.

  Il periodo storico feudale può essere studiato e valutato da più punti di vista. C’è chi lo studia e lo giudica nella sua struttura ed essenza, e chi lo studia nei suoi effetti e conseguenze sociali ed economiche. Ci sono storici che nel periodo medievale (=feudale) vedono un ponte tra il periodo antecedente, quello barbarico, e il mondo moderno che si dispiegherà dal Cinquecento in poi fino ad arrivare alla Rivoluzione Francese. 

C.da Castello Calatamauro e distesa
di Scirotta, qui avrebbe dovuto sorgere
il paese di Contessa… ma Don Alfonso
Cardona cambiò idea.
 (Ne abbiamo accennato nella precedente pagina).

Col matrimonio fra Caterina Peralta e Alfonso
Cardona, Conte di Reggio, ha inizio la lunga
successione feudale che coinvolse alcune
famiglie dell’aristocrazia siciliana.

Nel 1518 fu investito della baronia
 il figlio  Antonio de Cardona. Dopo 
di lui, per un lasso di tempo di 
circa tre secoli, furono signori della 
baronia: Alfonso, Diana e Caterina de 
Cardona Salluccio. Poi la baronia passò 
ai Gioeni, con Alfonso e Tommaso 
Gioeni Tagliavia, Lorenzo Gioeni 
Bologna, Isabella Gioeni Aversa. 
Quindi ai Colonna D’Este, e in seguito 
al matrimonio di Isabella Gioeni con 
Marcantonio V Colonna (1629), 
i Colonna tennero la baronia sino 
al 1812,  quando venne abolita la 
feudalità  in Sicilia.








E’ certo che tra un periodo e l’altro non si notano fratture (tranne nel caso della rivoluzione francese) e sono gli storici che amano le separazioni e addirittura le datazioni caratterizzanti. Gli economisti ed i sociologi, lo abbiamo evidenziato in una pagina precedente del blog, da parte loro sostengono invece che nell’avvento dei periodi storici non esistono fratture in quanto tutti i periodi storici non fanno altro che preparare l’avvento della nuova era.

  Il periodo storico feudale non in tutta Europa ha avuto la stessa durata. In Sicilia esso era ancora vigente e vitale lungo tutto il millesettecento, già in piena era Modernità, quando in altri paesi il feudalesimo aveva sopratutto e particolarmente caratterizzo il Medio Evo. 

  A chi scrive questa pagina preme evidenziare che all’interno di tutte le comunità esistono forze che difendono l’assetto civile e socio- economico esistente e forze che già immaginano e intravedono un nuovo modello del vivere umano. Sempre e tutte le comunità del pianeta hanno proceduto secondo questo schema. Conservatori e Progressisti (con denominazioni differenti) sono sempre esistiti e si sono sempre confrontati in ogni parte del pianeta ed in ogni tempo dell’umanità.

 Pure a Contessa Entellina, dal cinquecento alla fine del settecento,  esistette un confronto (non accentuato, ma continuo) verso un diverso modello di società, meno accentrato in un unico assetto, in una unica fonte di potere che accomunava invece i ruoli della politica, dell’economia, della giustizia e pure attraverso più vie quelli della religione. In una parola un potere che condizionava il vivere civile complessivo delle comunità rurali. Comunità feudale fu Contessa dal Cinquecento (o meglio da qualche decennio prima) e feudale continuo’ ad essere fino ai primi anni dell’Ottocento.

  Le Università, così venivano denominate le istituzioni locali (=i Municipi) di ciascun paese, lungo tutti i tre secoli di regime feudale, cinquecento, seicento e settecento raramente segnalarono ai Baroni di turno i disagi locali.  In quei secoli non capitarono contestazioni globali all’assetto baronale, ma rari attacchi ai tanti, troppi “vincoli” e “balzelli” che spuntavano e gravavano sulle terre affidate in  enfiteusi (=Serradamo e Contesse) e sugli altrettanti  e numerosi balzelli che gravavano sulle attività artigiane e commerciali, per non parlare dei tributi sui generi di largo consumo, che si trattasse di vestiario o aratri da lavoro, e poi le decime e i diritti fissi dovuti alla baronia.

  Va detto da adesso che mai a Contessa scoppiò una rivolta, una agitazione, nemmeno una protesta contro il barone di turno. Il che non vuol dire che non si osò mai avversare l’autorità baronale. Quell’autorità lentamente, con la tattica della goccia che intacca la pietra, fu indotta a indietreggiare su più fronti non tanto dalla gente che viveva peggio ossia le fasce contadine, ma dagli stessi apparati amministrativi, legali, religiosi che direttamente o indirettamente facevano parte dell’apparato baronale. Nulla di appariscente accadde, almeno a Contessa, però qualcuno degli uomini dell’apparato baronale lascio’ scritto che “la molle acqua e’ capace di scavare la dura pietra”.

 Chi scrisse quella frase lascio’ intendere che a mettere in crisi, nel lungo termine di oltre tre secoli, il dominio baronale non furono le fasce contadine locali,  costrette a vivere con i piccoli lotti di terreno dati loro in enfiteusi nelle contrade di Serradamo e Contesse, ma quei ceti intermedi (apparato amministrativo e tecnico della stessa baronia, parte del clero e quei pochissimi che avevano condotto studi esterni al mondo locale e fungevano da notaio).

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Dopo ancora una pagina introduttiva, passeremo a fotografare la realtà di vita e quella burocratica amministrativa su cui si reggeva la Università di Contessa, che ovviamente non differiva in nulla, o di poco, dalle altre Università dell’area vasta dominata dai Cardona-Peralta nel Centro-Sud-Est dell’Isola. 

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