Riflessioni da professori
Nel tracciare un mondo che ha perso l’incanto degli antichi, ossia:
1) – del tempo ciclico dei greci
2) - dell'escatologico della tradizione giudaico-cristiana
3) – dei moderni, con la loro fede nell’Umanesimo della scienza e del progresso
il professore addita la figura del viandante, di chi non ha una destinazione e a differenza del viaggiatore, che attraversa la terra senza possederla, si fa portavoce di un’etica planetaria e cosmopolita che risponde all’imperativo ecologico.
Al centro non è posto né l’uomo, né lo Stato con i suoi confini, bensì la vita e una comunione fraterna con l’altro da sé: uomo, animale o pianta che sia. Un modo di abitare il mondo nella casualità della sua innocenza, non pregiudicata da alcuna anticipazione di senso.
“‘Chi pensa bene pensa il bene,’ diceva la Modernità. Dopo la Seconda guerra mondiale, questa frase secondo il professore ha perso tutto il senso che aveva. Col nazismo e la programmazione della Shoah si è assistito, infatti, alla possibilità di pensare – anche in modo eccellente – il male. La speranza nella ragione che doveva, se ben utilizzata, condurre al ‘bene’ è stata confutata dai fatti e non ha più senso di esistere”.
Il saggio del prof. Galimberti è un invito ad esporci all’insolito. E a non averne paura. O forse, e ancor più, assoluta sfiducia sulle intenzioni dell'uomo.
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