I carri armati israeliani sono nella serata di ieri entrati a Gaza e la catastrofe attesa in seguito al massacro del 7 ottobre rischia di materializzarsi in uno scenario (occhio per occhio, dente per dente) al quale ci auguravamo di non dover assistere.
Ofer Bronchtein, già collaboratore di Yitzhak Rabin, in una lettera ad un amico palestinese scriveva : «La collera che evochi di fronte alla situazione del tuo popolo è legittima. Ma il tuo silenzio di fronte al dolore del mio è insopportabile». Il silenzio non è tollerabile
Tutto è cominciato pochi giorni fa, nei kibbutz ai confini di Gaza e al rave party di Reim — che è all’origine di quello che sta accadendo in queste ore — ed è mancato nei giorni successivi, da parte del resto del mondo, un allarmante deficit di solidarietà: un deficit di solidarietà e (di empatia) che è venuto prima della condanna per le troppe vittime innocenti provocate dalla reazione dello Stato ebraico e la denuncia per le bombe israeliane sui civili palestinesi sta via via cancellando ulteriormente, laddove esisteva, in una perversa classifica di gravità dell’orrore.
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