Eppure sappiamo bene che il mondo mussulmano in Sicilia ha, in secoli lontani, portato significativi fattori di civiltà e introdotto tecniche e processi produttivi importanti. Il periodo del dominio arabo nell’Isola è dagli storici caratterizzato dalla bonifica e ri-colonizzazione di molte terre abbandonate e recuperate alla produzione, all’arboricoltura e all’orticoltura, che, messe a coltura, caratterizzeranno il nuovo tipo di economia agraria promosso in Sicilia a cominciare dal IX secolo.
Il cotone, la canna da zucchero, alberi da frutto, gli agrumi, gli aromi sono tutti stati introdotti dagli arabo-mussulmani in Sicilia, che -allora- da essi fu trasformata in “giardino mediterraneo”. Tutta la loro vastissima opera fondiaria contribuì e fu capace di sviluppare, oltre ad un clima favorevole, nell’Isola una produzione intensiva. Con essi venne meno l’economia latifondista, introdotta dai romani, e l’Isola cambio’ l’immagine in direzione del risveglio abitativo.
I segni della Sicilia araba stanno nei tantissimi casali da essi diffusamente impiantati e vitalizati. Sono da imputare ad essi i tanti latifondi trasformati in poderi seminativi e cerealicoli. La Sicilia mussulmana, che troviamo ampiamente descritta nei testi di Edrisi, a metà XII secolo, denotava la assoluta prevalenza di terre seminative e messe a coltura.
I successivi sopravvenuti governanti normanni ricostruirono, di contro, i grandi patrimoni agrari, e con essi edificarono il feudalesimo di romana memoria che impoverirà ancora, per più secoli, l’Isola e sopratutto le aree interne (=latifondi).
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