Riflessioni sulla Letteratura (3)
I laudatori di se stessi
Ai nostri giorni, specialmente nel campo della politica, delle professioni, e del vivere sociale notiamo tanti soggetti, personaggi che parlano e sanno parlare bene solamente di se stessi.
===) Dante nel Convivio sostiene che è lecito parlare di se stessi a due condizioni:
1) quando si tratti di difendersi dall'infamia (=dalla cattiva fama cui ci espongono le circostanze);
2) quando risulti utile addurre la propria esperienza personale.
===) Boezio (Filosofo e letterato romano, discendente dalla nobile gente Anicia, vissuto fra il V e il VI secolo durante la dominazione ostrogota in Italia) nella sua Consolatio philosophiae rintuzza la perpetuale infamia dell'esilio (=fu imprigionato a Pavia, condannato a morte senza nemmeno essere interrogato. Il Senato, della cui fede mai avrebbe dubitato, lo tradì. In Senato, infatti, il prefetto di Pavia Eusebio pronunciò la condanna. Boezio fu ucciso sotto tortura nel 524, riporta il cronista Anonimo Valesiano, con una corda attorcigliata alla testa fino a fargli schizzare gli occhi, e finito a bastonate. Lo difese solo Simmaco, giustiziato un anno dopo).
===) Sant'Agostino nelle Confessiones rintuzza "il processo de la sua vita" a modo di "essemplo e dottrina" di perfezionamento morale, al fine quindi di giovare agli altri con la propria testimonianza autobiografica.
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Il profilo Di Dante, tracciato da
Giovanni Boccaccio
Fu il nostro Poeta di mediocre statura, et ebbe il volto lungo et il naso aquilino, le mascelle grandi et il labbro di sotto oroteso tanto, che alquanto quel di sopra avanzava; nelle spalle alquanto curvo, e gli occhi anzi grossi che piccioli, et il colore bruno, et i capelli e la barba spessi, crespi e neri: sempre nel viso malinconico e pensoso ...I suoi vestiti sempre onestissimi furono, e l'abito conveniente alla maturità, et il suo andare grave e mansueto, e ne' domestici consumi e ne' pubblici mirabilmente fu composto e civile. Nel cibo e nel poto (=bere) fu modestissimo; nè fu alcuno più vigilante di lui e negli studii et in qualunque altra sollecitudine il pugnesse (=lo stimolasse). Rade volte, se non domandato, parlava, quantunque eloquentissimo fosse. Sommamente si dilettò in suoni et in canti nella sua giovinezza, e, per vaghezza di quegli, quasi di tutti i cantatori e sonatori famosi, suoi contemporanei, fu dimestico (...) Solitario fu molto e di pochi dimestico, e negli studii, quel tempo che lor poteva concedere, fu assiduo molto. Fu ancora Dante di maravigliosa capacità e di memoria fermissima (...) Fu similmente d'intelletto perspicacissimo e di sublime ingegno (...) Vaghissimo (=assai desideroso) fu e d'onore e di pompa, per avventura più che non si appartiene (=si convenga) a savio uomo (...) Fu adunque il nostro Poeta, oltre alle cose di sopra dette, d'animo altiero e disdegnoso molto (...) di se stesso presunse meravigliosamente (...) Tra cotanta virtù, tra cotanta scienza (...) trovò ampissimo luogo la lussuria, e non solamente ne' giovani anni, ma ancora ne' maturi.
Giovanni Boccaccio
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