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domenica 23 luglio 2023

Siamo italiani. Perchè?

 The Cultural Origins of a Political Myth in Modern Italy, 1796-1943”. 

Un libro che diventa contributo decisivo per capire “la nostra storia”

In un interessante testo sulla ricerca, sull’uso e l’abuso del passato classico nel processo di formazione della identità italiana si sostiene che la nazione  Italia va intesa come un universo ideologico rivoluzionario, un arsenale di miti, di simboli e di memorie, ossia un insieme di realtà e di rappresentazioni. 

L’identità di un Paese è composta dalla
 provenienza e dalle esperienze passate
di un gruppo di persone in un
determinato territorio. Per l’Italia
vige lo stesso discorso, parliamo
quindi delle caratteristiche che negli
scorsi 2000 anni, attraverso varie
vicissitudini, hanno fatto sì che
“il carattere italiano” si esprimesse e 
cristallizzasse in alcuni tratti.

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In appresso dovremmo
-forse- riflettere se esiste
una "identità degli 
arbëreshe


L'unificazione del Paese non consistette in un blocco omogeneo, nè è assimilabile con la formazione dell’identità culturale in quanto formazione discorsiva e retorica durante il Risorgimento. 

La scarsa penetrazione dell’idea di nazione nella vita collettiva degli italiani è dovuta alla contraddizione tra la compattezza della costruzione retorica e la variegata realtà sociale, politica, economica dello Stato post-unitario.  Lo studioso De Francesco considera il concetto di nazione come un sistema di integrazione, un fattore che si incide sui processi storici materiali per condizionarli profondamente. 

La costruzione del mito politico dell’antichità della nazione italiana è autoctonia (= formazione in sede di una civiltà) e civilizzazione arrivata dall’esterno. Lo stesso processo di formazione e sviluppo delle discipline storiche, antropologiche, paleontologiche, etnografiche risente di questa bipolarizzazione. 

L’idea dell’Italia come insieme di piccole nazioni e' circolata ampiamente nella cultura politica del Paese nel corso del XIX secolo.  L’origine mediterranea delle civiltà italiche e, al loro interno, la posizione dominante delle popolazioni meridionali è stata vicenda prevalente. Roma è diventata dopo  l’unico punto di riferimento culturale e politico per superare la frammentazione e il particolarismo italiano, vissuti come dati negativi della condizione storica del paese. Su queste basi il Fascismo ha fondato e coltivato un progetto culturale centrato sulla continuità tra Mediterraneo preistorico e Roma, ossia sull’inimmaginabile uniformità etnica delle popolazioni italiane, fin da tempi remoti.

La rappresentazione dei popoli italici come piccoli Stati in una patria comune, un’idea largamente diffusa nei primi decenni dell’Ottocento, venne ancora ripresa tra gli anni quaranta del Novecento e il secondo dopoguerra, quando una nuova tappa del bipolarismo unità-pluralismo, con un’accentuazione del secondo termine della dialettica si impose.
La capacità di illuminare i diversi usi del riferimento all’antichità della nazione italiana in storia, archeologia, paleoetnologia e antropologia, caratterizzò il periodo napoleonico fino alla caduta del Fascismo, e puntò a cogliere i nessi tra cultura e politica. 
 E' stato un ulteriore contributo decisivo per capire, per leggere ed interpretare  “la nostra storia”

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