Quando si parla di poteri forti
I poteri forti italiani si sono così indeboliti da
apparire del tutto innocui. E non è sempre
una buona notizia. Meglio averli e regolarli nella trasparenza.
Non abbiamo più grandi gruppi industriali
ed è questa una debolezza che segna il
nostro declino.
Non abbiamo più esclusivi centri finanziari
dai quali dipendono i destini di intere famiglie
imprenditoriali. La classe dirigente che osannava Draghi
è andata generosamente in soccorso alla vincitrice.
L’ultima tornata di nomine ne è una dimostrazione.
Alla recente assemblea di Assolombarda la presidente
del Consiglio è stata applauditissima.
Quasi come se i due programmi
— di governo e degli imprenditori —
fossero intercambiabili.
Accadde anche con Berlusconi premier.
Per l’impresa che esporta, e bene, l’Italia è solo
una frazione anche piccola del proprio fatturato.
Irrilevante chi stia al governo.
Le attività che dipendono dai consumi interni,
dalle concessioni, seguono una stretta logica corporativa.
Sono governativi per definizione pur
scoprendo che vi sono categorie, piccole e
agguerrite (balneari e tassisti per esempio) che
contano più di intere filiere produttive aperte alla concorrenza.
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