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lunedì 3 luglio 2023

Eugenio Scalfari. Come leggeva gli anni settanta del Novecento

 Un articolo de "la Repubblica" del

17 marzo 1976

Scalfari fu deputato socialista.

Con la segreteria Craxi entrò
pero' in urto frontale.

IL COMPROMESSO DEL PCI

L'ALTERNATIVA DEL PSI

   Scrivevo ieri che, fino a quando la Dc non avrà cambiato natura e cioè non sarà diventata il partito dei cattolici democratici anzicché la rappresentanza politica delle arciconfraternite del potere, ogni ipotesi di compromesso storico è inattuabile. Su questo punto i primi a parlar chiaro sono i comunisti, sicchè, su di esso non c'è controversia all'interno della sinistra. Non c'è controversia in teoria. In pratica c'è. Il gruppo dirigente berlingueriano infatti subordina il realizzarsi del "compromesso" al mutamento di natura della Dc, ma poi fa il viso delle armi ad ogni ipotesi "alternativista". Dal che un procedere cauto, responsabile, graduale ed anche, diciamolo, alquanto "untuoso" nei confronti di "questa" Dc. Per converso il gruppo dirigente socialista usa lo slogan  dell' "alternativa" piuttosto in funzione polemica nei confronti del Pci che in funzione strategica per costruire veramente uno schieramente di sinistra che sia in grado entro un ragionevole spazio di tempo di porre la propria candidatura "seria" alla direzione politica del paese. E' chiaro che procedendosi in questo modo sia da parte comunista che da parte socialista, non avremo  nè un serio compromesso  né una seria alternativa, ma appunto quella stucchevole disputa terminologica alla quale accennavo nella mia nota di ieri.

Poichè tuttavia non posso pensare che i due grandi partiti della sinistra italiana commettono vistosi errori di condotta per ottusità dei loro leaders, ci deve pur essere una ragione che rende in qualche modo "obbligati" questi loro comportamenti. Scoprirlo può essere molto più utile che affannarsi a contestare i reciproci errori.

Il Pci è nato come partito di radicale opposizione non ad un governo, ma al sistema. Per di più ha avuto fino ad ieri un collegamento internazionale che l'ha messo fuori gioco rispetto all'area geopolitica di cui il nostro Paese fa parte. E' evidente che il suo trasformarsi da partito di opposizione (e quindi di minoranza) in partito di governo (e quindi di maggioranza)  non può avvenire se esso non acquista credibilità presso una serie di gruppi sociali abituati finora a pensarlo come un che di "diabolicum". Perciò il compromesso storico del Pci non è una formula politica  (come il Pci ama far credere) ma la definizione in termini politici del "revisionismo" ideologico  comunista. Come tale va compreso, come tale va accettato. Purché non lo si scambi per ciò che non è e, soprattutto, purché il gruppo dirigente del Pci non lo scambi per ciò che non è.

Quanto al Psi, dopo i mediocri avanzi del centro-sinistra esso deve riacquistare almeno in parte i suoi connotati. Perciò non può che recidere drasticamente i suoi legami con le arciconfraternite e "in primis" con la Dc. Fanno male i comunisti ad accusare il Psi di massimalismo quando assume un siffatto atteggiamento. Che altro potrebbe fare un partito socialista reduce da una vera e propria intossicazione da sottogoverno malgestito?

Conclusione: la sinistra ha bisogno di presentarsi sempre più come il polo aggregante di un nuovo blocco sociale; all'interno della sinistra il Pci e il Psi devono guadagnare due tipi di credibilità di segno diverso. Entrambi, cosi operando e nella misura in cui operano correttamente, lavorano a costruire un'alternativa al potere delle arciconfraternite. Se non operano correttamente, rischiano di perpetuare il potere di queste ultime, che ancora non sono state affatto né sconfitte né isolate.

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