Percorsi di Storia
Ferdinando di Borbone Nel 1734, Carlo di Borbone, sale al trono dei regni di Napoli e Sicilia. Nel 1759 passo’ al trono di Spagna trasferendo i suoi diritti al figlio Ferdinando (1751-1825) e alla di lui discendenza, separando in perpetuo le due corone e le due dinastie. La dinastia borbonica regnò sul Meridione d’Italia per centoventisette anni. |
Anteponeva, come più volte abbiamo ricordato sul blog, la caccia, la pesca e l’equitazione a qualsiasi obbligo che lo status regio gli imponeva.
Chi, nella Kuntisa di fine settecento o inizio ottocento, ha dovuto riceverlo nel corso di una visita con provenienza da Santa Maria del Bosco dove in più’ tempi fu ospite per ragioni di caccia, lo ha tratteggiato come fisicamente non attraente e con un grande naso, infatti i suoi detrattori lo definivano “il re nasone”.
La caccia
L’esercizio della caccia, in quel fine Settecento, al di là del fine ludico, era espressione dell’appartenenza alla casta nobiliare e militare. Nella vita di Corte, specialmente una battuta di caccia rappresentava una sorta di rito, di cerimonia. Esisteva un preciso protocollo con una rigida disciplina intesa ad esaltare la supremazia del sovrano sul territorio su cui si svolgeva la battuta e sui suoi governati che ivi risiedevano, tenuti costoro a rispettare il rigido cerimoniale. Si trattava, nella circostanza della visita, di una “questione di stato” e i notabili locali di Kuntisa vissero giorni di tensione per apparire all’altezza del ruolo. Peraltro quello era tempo in cui i baroni locali (i principi Colonna) erano “inguaiati” in una grave crisi patrimoniale-finanziaria (oggi diremmo “fallimento”) e non erano quindi figure da impegnare nei compiti ufficiali di accoglienza. Il genitore di Ferdinando, re Carlo, aveva fatto elaborare durante il suo governo uno specifico protocollo da fare osservare alle Università’ (oggi, i Comuni) cui capitava di dover accogliere membri della casa reale.
Si trattò per Kuntisa di un evento mai più verificatosi: la visita di un capo di stato che arriva, con ampia scorta, dalla trazzera che da Santa Maria, attraverso la contrada Giacomazzo, sbocca nell’attuale rione Santa Rosalia.
Non siamo in condizione di asserirlo, ma è probabile, che la scorta militare fosse composta da reparti del Real Reggimento Macedone, composto di gente arruolata dal governo borbonico in Albania.
Nessuna traccia documentale ad oggi abbiamo finora rinvenuto della visita, se non narrazioni tramandate dai nonni.
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