L'Insegnamento a distanza
Tempi quelli correnti inimmaginabili all’inizio
dell’anno 2020.
Quando già i media iniziarono a riferirci del coronavirus in
Cina immaginavamo che si trattasse di qualcosa connesso ai misteri dell’Estremo
Oriente. Cose cinesi!
Ed invece no.
Un insegnante ci ha dato pochi dati sufficienti
per farci capire come la sua professione sia divenuta completamente diversa da
come l’immaginario dell'attuale corpo insegnante era abituato a coglierla quando frequentava l’Università.
Il lavoro comincia con l’accensione del
computer fisso. Non esiste più il bidello che suona l’inizio delle lezioni.
Gli insegnanti hanno sostenuto, prima di
essere immessi in servizio, concorsi ed esami di abilitazione su varie materie
e discipline ma quasi nessuno di essi si era seriamente dedicato all’Informatica.
Adesso tutto il sapere da trasmettere alle giovani generazioni -nei giorni del
coronavirus- deve invece transitare attraverso
mezzi tecnologici.
Didattica a distanza, ovvero da casa.
L’epidemia che tiene in trepidazione
l’intero mondo sta adesso imponendo i domiciliari a tante, a troppe
persone. E tuttavia la dinamica del sistema socio-economico del terzo millennio
non può (non deve) completamente fermarsi.
Ai nostri giorni è d’obbligo connettersi su più
piattaforme dai nomi strani, strani per chi non ha mai familiarizzato con l’inglese.
In genere
si comincia con la videoconferenza -sempre che la connessione funzioni- e si
avvia l’appello dei presenti (presenti alla videoconferenza). Tanti i Sì, ed anche i no, e non mancano i
messaggi sulla chat di WhatsApp dei tanti che fanno sapere di non riuscire a
connettersi.
Ed i
professori, che mai avevano immaginato di svolgere simili confronti provano a
far convivere tutti nella classe immaginaria.
Quando la
connessione si sblocca (stiamo immaginando noi) tutto comincia col “Buon
giorno ragazzi!”.
E’ ovvio
che di tanto in tanto debba vibrare il
cellulare, la chat di qualcuno.
Che c’è?
“ Professoressa,
anche mio fratello ha lezione e gli serve il computer. Come faccio?”.
Abbiamo semplicemente
immaginato; probabilmente le cose scivolano un po' più agevolmente di quanto da
noi riportato.
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