La peste del 1348 descritta da Giovanni Boccaccio
(Lo scrittore fiorentino -1313-1375- compose la raccolta di novelle
intitolata Il Decamerone negli anni centrali del sec. XIV, cominciando
dopo il 1348, l'anno della peste che devastò l'Europa intera
(-il mondo fino ad allora conosciuto-).
Il Decamerone inizia descrivendo come quella terribile epidemia imperversò a Firenze e nel suo territorio: uomini, donne e animali muoiono a migliaia, i pochi rimasti sani lasciano la città o fanno vita ritirata per evitare il contagio, oppure, al contrario, si danno ai bagordi, sfidando il destino mortale.
Contro l’epidemia (coronavirus) che rischia di spazzare via la cultura, con eventi sospesi e scuole e musei chiusi, torna il Decamerone di Giovanni Boccaccio. |
Oltre a descrivere le forme esteriori, Boccaccio sottolinea come la pestilenza allentò i legami sociali e familiari, inducendo comportamenti egoistici e spietati.
"Tutti quasi ad un fine tiravano assai crudele, ciò era di schifare e di fuggire gli infermi e le lor cose; e così facendo, si credeva ciascuno a se medesimo salute acquistare . Ed erano alcuni, li quali avvisavano che il vivere moderatamente e il guardarsi da ogni superfluità avesse molto a così fatto accidente resistere, e fatta lor brigata da ogni altro separati vivevano, e in quelle case ricogliendosi e raccogliendosi niuno infermo fosse e da viver meglio, dilicatissimi cibi e ottimi vini temperatissimamente usando e ogni lussuria fuggendo, senza lasciarsi parlare ad alcuno o volere di fuori di morte o di infermi alcuna novella sentire, con suoni e con quegli piacere che aver poteano si dimoravano.
Altri, in contraria opinion tratti, affermavano il bere assai e il godere e l'andar cantando attorno e sollazando e il soddisfar d'ogni cosa all'appetito che si potesse, e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi, esser medicina certissima a tanto male; e cosi come il dicevano, il mettevano in opera al lor potere, il giorno e la notte ora a quella taverna ora a quella latra andando, bevendo senza modo e senza misura, e molto più ciò per l'altrui case facendo, solamente che cose vi sentissero che lor venissero a grado o in piacere. E ciò potevan fare leggeri, per ciò che ciascuno quasi non più viver dovesse, aveva, sì come sé, le sue cose messe in abbandono, di che le più delle case erano divenute comuni , e così l'usava lo straniero, pure che a esse s'avvenisse, come l'avrebbe il proprio signore usate; e con tutto questo proponimento bestiale sempre gl'infermi fuggivano a loro potere. E in tanta aflizione e miseria della nostra città era la reverenda autorità delle leggi, così divine come umane, quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri ed esecutori di quelle, li quali, si come gli altri uomini, erano tutto o morti o infermi o si di famiglia rimasti estrem, che ufficio alcuno non potean fare, per la qual cosa era a ciascuno licito quanto a grado gli era d'adoperare, (..)
Alcuni erano di più crudel sentimento, come per avventura fosse sicuro, dicendo niuna altra medicina essere contro alle pestilenze migliore né cosi buona come il fuggi loro davanti, e da questo argomento mossi, non curando d'alcuna cosa se non di sé , assai e uomini e donne abbandonarono la proprisa città, le proprie cose, le proprie case, i lor luoghi e i loro parenti e le loro cose, e cercarono l'altrui o almeno il lor contado, quasi l'ira di Dio, a punire l'iniquità degli uomini, con quella pestilenza non dove fossero procedesse, ma solamente a coloro opprimere li quali dentro alle mura della lor città si trovassero, commossa intendesse o quasi avvisando, niuna persona in quella dove rimanere e la sua ultima ora esser venuta (..).
E lasciamo stare che l'un cittadino l'altro schifasse, e quasi niun vicino avesse dell'altro cura, e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano, era con si fatto spavento questa tribolazione entrata né petti degli uomini e delle donne, che l'un fratello l'altro abbandonasse, e il zio il nepote, e la sorella il fratello, e spesse volte la donna il suo marito e, che maggior cosa è e quasi non credibile, li padri e le madri e figlioli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano".
G. Boccaccio, Decameron
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