Quello che comunemente chiamiamo Sessantotto,
pur avendo il suo momento culminante appunto
nell’anno 1968, durò in realtà un decennio.
Forse anche più. In generale si trattò di un
movimento che fin dall’inizio degli anni Sessanta
nel mondo anglosassone si ribellò al modello di
vita impostosi dopo la Seconda guerra mondiale.
Le radici culturali vanno ritrovate negli scrittori della
Beat generation – «Sulla strada» di Jack Kerouac –
quelle teoriche in Herbert Marcuse che in
«L’uomo a una dimensione» teorizzava la ribellione
alla società dei consumi. Per la contestazione nella
scuola, qui in Italia un punto di riferimento fu la
«La lettera a una professoressa» di don Lorenzo
Milani. Un notevole contributo lo diedero le canzoni
di Bob Dylan. Fecero da retroterra alla rivolta anche i
Beatles, i Rolling stones e altre band degli anni Sessanta.
Ma anche opere teatrali, cinematografiche e artistiche
in senso lato. Tutto ciò diede origine a comportamenti di
disobbedienza nella scuola, un diffuso rifiuto delle gerarchie,
un nuovo modo di vestire accompagnato da una
progressiva liberalizzazione sessuale resa possibile
dalla diffusione degli anticoncezionali.

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