La fuga dei cervelli
I giornali e gli altri media, proprio in questi giorni, ci stanno innondando di informazioni sulla condizione occupazionale o meno dei nostri figli, dei nostri giovani. Stando alla media nazionale il 16 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni, nel nostro paese (Italia) risulta inattiva, almeno ufficialmente. Sempre stando all’informazione, la media europea oscillerebbe intorno all’11 per cento. È però in Paesi come Germania e Olanda si registra un più che rassicurante 7 per cento.
L’Istat ci fa sapere che dal nostro Paese (l’Italia) in anni recenti sono emigrati quasi centomila laureati, l’equivalente degli abitanti di Piacenza. Cioè di una media città tutta abitata da cittadini con formazione terziaria. Un patrimonio culturale, costato per la formazione cifre inestimabili a carico delle famiglie e delle finanze pubbliche che tuttavia al momento di entrare nel processo produttivo mettono al servizio di Paesi terzi la loro formazione ed il “capitale” investito su di loro.
Sempre l’Istat ci fa sapere che tra il 2008 ed oggi oltre mezzo milione di giovani hanno scelto di andare all’estero. Sono suppergiù la popolazione di Genova. Sono fenomeni di tale rilevanza che sembrano assurdi: si investe sulla formazione universitaria di tante generazioni per poi donare “gente formata al livello universitario”, ossia per poi offrire a paesi terzi gente con studi di alto livello. Nessun politico italiano si interroga sulla circostanza degli enormi costi della formazione scolastica ed universitaria il cui esito è poi quello di regalare a Germania, Francia, Gran Bretagna etc. centinaia di migliaia di giovani laureati e professionalmente pronti a produrre ricchezza a beneficio, però, dei paesi di nuova residenza.

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