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martedì 4 aprile 2023

Settimana Santa. Riflessioni, documenti, storia

 Il processo contro Gesù

Ne il testo: "Il processo contro Gesù / [saggi di] Lucio Bove ... [et al.] ; a cura di Francesco Amarelli e Francesco Lucrezi; prefazione di Francesco Paolo Casavola" si punta a modificare il millenario genere di letteratura secondo cui nell'impostazione  cristiana sarebbe stato il popolo ebraico, nel suo insieme, a mettere in atto il "deicidio" e che questo, avrebbe coinvolto nella responsabilità, oltre le autorità ebraiche pure il potere di occupazione romano, che peraltro era l'unico, sulla base del governo politico del territorio, a disporre dell'esercizio del diritto penale.

Ripigliamo su questa pagina un articolo pubblicato su La Stampa nel venerdì santo dell'anno 2000 (21 aprile 2000) dall'allora priore del monastero di Bose, Enzo Bianchi, che nella veste di pubblicista ha, a lungo, operato per la giustizia nella comprensione dell'ebraismo da parte dei cristiani.

Il procedimento davanti al sinedrio e quello davanti al governatore romano erano ben distinti, riguardanti materie diverse. In uno si sarebbe dovuto valutare la blasfemia (aspetto religioso), mentre il procedimento davanti a Pilatro  l'accusa era quella di "sedizione", che egli non considerò fondata.

 Il processo però piglia aspetti ... non consueti.

"Gesù di Nazareth -un rabbi e profeta della Galilea che aveva destato attorno a sé un movimento e che trascinava dietro di sé  una piccola comunità itinerante composta da una dozzina di uomini e alcune donne -  viene arrestato, condannato e messo a morte mediante il supplizio della crocifissione. Storicamente si può dire che Gesù è stato arrestato su iniziativa di alcuni capi dei sacerdoti, la ierocrazia di Gerusalemme, a motivo di gesti compiuti e parole pronunciate: alcuni tratti messianici del suo aggire, l'appassionata cacciata dei venditori dal tempio,  la polemica profetica contro gli uomini religiosi, in particolare i sadducei. Catturato di notte nella valle del Cedron da un pugno di guardie del tempio, fu trascinato presso il Gran Sacerdote alla presenza del quale avvenne un confronto che permise di formulare accuse precise da presentare al governatore romano, l'unico cui spettava il potere di emettere una condanna capitale e di disporre l'esecuzione (...) non ci fu un autentico processo penale (...) da parte del sinedrio, riunitosi di notte" poichè "quasi certamente non era in grado di deliberare in situazione legale. Gesù viene comunque consegnato a Pilato, il quale, con alcune sedute e procedimenti che paiono un vero e proprio processo, decide di condannarlo con altri malfattori, dopo averlo fatto flagellare. Misura di sicurezza, tentativo di compiacere il gruppo sacerdotale che glielo aveva consegnato, odio verso chiunque tra i giudei apparisse portatore di un messaggio non omogeneo all'ideologia imperiale? Probabilmente tutte queste  ragioni insieme portarono Pilato a decidere per la condanna di quel galileo. L'interpretazione generale di questa condanna suona così: "A uccidere Gesù sono stati il potere religioso e il potere politico alleati insieme, è stato soprattutto il meccanismo vittimario per cui, in un mondo ingiusto, il giusto può solo trovare rifiuto, calunnia, persecuzione: sicché tutti gli uomini sono responsabili della morte dell'innocente perché gli uomini "non sanno quello che fanno".

La Stampa, 21 aprile 2000, p. 28

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