Leopoldo Franchetti, dopo essersi laureato, viaggiò molto in Germania, Inghilterra occupandosi di economia, politica, diritto. Si dedicò molto all'indagine sociale e all'analisi empirica che in Italia aveva trovato in Pasquale Villari il più autorevole propugnatore.
Nascita: 31 maggio 1847, Livorno
Morte: 4 novembre 1917.
CONDIZIONI GENERALI
I. Palermo e i suoi dintorni
1. Primo aspetto
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Nel 1875, un anno simbolico per la conoscenza del
Mezzogiorno, l’Italia, o meglio, l’intellettualità italiana
più avanzata, formata dall’alleanza molecolare tra vecchi maestri, che avevano conosciuto carcere ed esilio,
e una generazione giovane, nata negli anni Quaranta –
Franchetti e Sonnino erano del 1847, Giustino Fortunato
del 1848 –, si accorse della vastità della Questione meridionale, che la sanguinosa lotta al brigantaggio, tra il 1861 e il 1861, condotta con l’applicazione di leggi speciali e una
violenza militare implacabile, e le rivolte a sfondo sociale
degli anni Sessanta in Sicilia e in tante regioni meridionali
avevano ristretto nei linguaggi sospesi della polemica politica o della manipolata tendenza postrisorgimentale alla
singolarità retorica della patria, che ne scandisce gli eventi e
i momenti della sua storia, indirizzata verso un’incerta contemporaneità, in maniera ossessivamente unilaterale.
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La prima impressione del viaggiatore che, sbarcato a Palermo, visita la città e i suoi dintorni ed ha occasione di frequentare anche in modo superficiale la parte educata di quella popolazione, è certamente una delle più grate che si possono immaginare. Lasciando pure da parte il clima e l'aspetto della natura, già celebrati in tutte le lingue, in versi ed in prosa, buoni e cattivi, la città colla bellezza delle vie principali, l'aspetto monumentale dei palazzi, l'illuminazione notturna, una delle migliori di Europa, presenta tutte le apparenze del centro di un paese ricco e industrioso. Nell'accoglienza dei forestieri, la squisita cortesia non si limita alle forme esterne. Appena si sia manifestata l'intenzione di inoltrarsi nell'interno dell'Isola, abbondano le lettere di raccomandazione, le offerte di ospitalità che poi si sperimentano non essere semplici complimenti. Se poi, uscendo dalla città, si girano le campagne che la circondano, s'impongono agli occhi e alla mente segni anche più caratteristici di una civiltà inoltrata. La perfezione della coltura nei giardini d'agrumi della Conca d'Oro è proverbiale; ogni palmo di terreno è irrigato, il suolo è zappato e rizappettato, ogni albero è curato come potrebbe esserlo una pianta rarta in un giardino di orticoltura. Dove manca il verde cupo degli alberi di agrumi, l'occhio incontra le vigne coi loro filari lunghi e regolari, gli orti piantati di alberi fruttiferi, qualche uliveto, qualche raro pezzetto di terra seminata, e dappertutto, segni del lavoro più accurato, più perseverante, più regolare. Nei primi momenti, il nuovo venuto si lascia andare a quell'incanto di uomini e di cose, e sparisce dalla sua mente la memoria delle notizie e polemiche dei giornali, delle discussioni parlamentari, di tutto il rumore fatto intorno alla questione siciliana. Certamente, s'egli in quel momento s'imbarcasse e tornasse via, riporterebbe a casa, se non la convinzione, almeno il sentimento che tale questione non esiste, e che la Sicilia è il paese del mondo dove la vita è per tutti più facile e più piacevoli. Soprattutto, se girando i dintorni, non ha osservato i posti di bersaglieri acquartierati in case rustiche dove sarebbesi aspettato d'incontrare uno spettacolo più patriarcale.
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