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domenica 9 aprile 2023

Settimana Santa. Riflessioni, documenti, storia

 La Risurrezione

di Gianfranco Ravasi

(dal testo: La Settimana Santa)

"...Innanzitutto sottolineamo che per il Nuovo Testamento la misteriosa vicenda finale di Cristo non può essere ricondotta alla rianimazione pura e semplice di un cadavere, come quelle compiute da Gesù nei confronti di Lazzaro (Giovanni 11) e del figlio della vedova di Nain (Luca 7,11-17)....".

Risurrezione e glorificazione

Il seme ed il lievito sono penetrati attraverso Gesù Cristo nella realtà intera dell'umanità e nell'essere cosmico trasfigurandoli; è un irruzione che feconda di eterno e di infinito il nostro tempo e il nostro spazio. Per esprimere questo evento, che incide nella storia in modo diretto ma soprattutto in forma globale, il Nuovo Testamento è ricorso a due linguaggi che tentano di manifestare ciò che è per eccellenza un " mistero", cioè una realtà trascendente e superiore all'orizonte umano. Il primo è quello della risurrezione , un linguaggio già noto all'Antico Testamento: basterebbe leggere il capitolo 37 di Ezechiele ove in una visione surreale, il profeta descrive lo Spirito creatore di Dio che ritesse su una distesa di scheletri la carne della vita, dando origine a un  immenso popolo vivente. Il Nuovo Testamento esprime la "risurrezione" o col verbo egheirein, "risvegliare" dalla morte, simbolicamente intesa come un sonno, oppure col verbo anistemi, "levarsi, sorgere in piedi". Dietro il velo del linguaggio simbolico si vuole indicare che Gesù come uomo passa attraverso il segno radicale dell'umanità, la morte, "risvegliandosi" alla vita divina che gli appartiene e che ora pervade il morire, vincendolo.

  C'è, però, un altro linguaggio, caro a Giovanni, a Luca e a Paolo che è definito di esaltazione o glorificazione ed è espresso col verbo greco hipsoun "innalzare, elevare", e con immagini di ascensione verso l'alto. Basterebbe citare tre frammenti giovannei: "Come Mosé innalzò nel deserto il serpente, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo ...   ... Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono (nome divino)...   ... Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me". (3,14; 8,22; 12,32).  Oppure basterebbe rievocare il racconto dell'ascensione al cielo ribadito in finale di vangelo (24,50-53) e in apertura agli Atti degli Apostoli (1,6-12).  Il senso del linguaggio è chiaro. Con la "risurrezione" si afferma soprattutto la continuità tra il Gesù storico e il Cristo risorto; con l' "esaltazione" si celebra la gloria divina del Risorto. Venendo in mezzo a noi, Gesù è divenuto in tutto simile a noi; con la sua morte egli conclude la sua parabola storica ma è "esaltato", cioè rientra nel mondo divino a cui appartiene come Figlio di Dio, attirando a sé quell'umanità che egli aveva assunto incarnandosi e morendo per condurla alla gloria. Tutto questo è nitidamente dichiarato in un inno che Paolo incastona nella sua lettera ai Filippesi (2,6-11).

  L'ascensione-esaltazione-innalzamento-glorificazione non è, quindi, da concepire in termini materialistici o "astronautici" ma secondo categorie teologiche: tra l'altro, in tutte le culture il cielo è l'area della divinità perchè trascende l'orizzonte terreno, è il simbolo della superiorità e diversità di Dio rispetto all'uomo. Ciò che accade nella riusurrezione di Cristo è, dunque, un evento complesso, accuratamente rappresentato dai Vangeli. E' un evento che si radica nel tempo e nello spazio, cioè nella morte e in una tomba, e che per questo ammette una verificabilità storica; ma esso fiorisce nell'eterno e nel divino, ed è per questo che esige un'analisi nella fede e nella teologia. Nella sua sostanza la Pasqua di Cristo è una realtà trascendente e, come tale, supera la pura verifica storica. Ma ha una risonanza efficace anche nella storia e nello spazio ove rimangono tracce e segni. Ora comprendiamo perché gli evangelisti si siano rifiutati di ridurre quello che avviene al sepolcro di Cristo entro i confini di una rianimazione di cadavere ma siano ricorsi a linguaggi più profondi. Rimane, però, aperta una questione: se Cristo è risorto ed è glorificato, dovrebbe essere possibile ancora incontrarlo, sia pure attraverso un'esperienza particolare e non banalmente esteriore. E' ciò che vedremo subito vagliando quelle testimonianze evangeliche di solito catalogate sotto il termine poco felice di apparizioni.

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