D I R I T T O
E C O N O M I A
P O L I T I C A E C O N O M I C A
I telegiornali, a ritmo incessante, riferiscono delle opportunità del Pnrr e del nuovo patto di Stabilità connessi alla politica coordinata dei paesi Ue.
Usciamo da crisi che si sono susseguite di varie nature (finanziaria, pandemica, bellica) che hanno condizionato la governance dell’Unione Europea. Jean Monnet (politico francese, tra i padri fondatori dell'Unione Europea -1888-1979-), era solito dire «gli europei accettano il cambiamento solo nella necessità e vedono la necessità solo nella crisi».
In questo strano modo di procedere si è assistito da parte dell’Unione al lancio della grande pianificazione con il Recovery Fund – a debito comune – alla prima individuazione di ciò che sono i beni pubblici europei in ottica centralizzata.
C'è stato -ancora- il «ritorno dello Stato», nel senso che riesce a dire qualcosa che da alcuni decenni era spettato al mercato. Allo stato, nel comparto economico, non compete solamente il ruolo "sussidario". Esso sta riconquistando funzioni «nuove» per organizzazione, per finalità, per conseguenze.
Il quadro generale di nuove regole curato a Bruxelles, valido per tutti, si concretizzerà in una sorta di applicazione «sartoriale» in ciascuno Stato, che diventa responsabile del «fare»
= = =
Esiste in questa ottica di quasi nuovo interventismo in economia un Pnrr per ogni singolo Stato. Ciascun Piano deve individuare un percorso di ripresa se vuole ottenere risorse europee condizionate ai risultati conseguiti. Allo stesso modo devono venire fuori nuove regole per gli «aiuti di Stato». Saranno le politiche nazionali a decidere gli interventi pubblici a sostegno dei propri settori produttivi, quelli più esposti alla concorrenza USA.
Nel patto di Stabilità che si sta discutendo in questi giorni, ciascuno Stato ha la responsabilità di individuare, guardando alla propria situazione finanziaria, l'insieme di riforme e investimenti che consentano di rispettare, con la crescita economica, le condizioni di sicurezza dell’area euro.
L’Unione resta comunque protagonista:
-nell'indicare le corsie in cui si svilupperanno le funzioni costituzionali nazionali.
-nel concordata in sede europea ed «entra» quindi nel parametro di costituzionalità. Diviene base di legittimità dei comportamenti statali.
L'incidenza sui processi costituzionali interni possono cogliersi in questi passaaggi:
-21 luglio 2022: si decise che il governo Draghi, già a Camere sciolte, avrebbe potuto compiere tutti gli «atti necessari all’adozione del Pnrr». Fino ad allora gli «affari correnti» non erano mai stati così sconfinati.
-24 febbraio scorso con un monito del Presidente della Repubblica Mattarella al governo abbiamo appreso che la proroga delle concessioni balneari è costituzionalmente «difforme dal diritto dell’Unione Europea anche per gli impegni assunti dall’Italia nel Pnrr».
- Sempre il 24 febbraio, con la emanazione del decreto-legge n. 13 che istituiva presso la presidenza del Consiglio la «struttura di missione» del Pnrr si indicava nel premier la titolarità conclusiva dell’indirizzo politico, cioè la più alta delle funzioni costituzionali di governo.
Concludendo: forse senza accorgerci, in questo dopo Covid, sta venendo fuori una nuova architettura dell'operare europeo ed è -pare di capire- quello di una Unione di «responsabilità nazionali». Tutto ciò che andrà storto (nella certezza che tutto sarà difficile) non sarà più addebitabile a Bruxelles. Di qualsiasi fallimento i singoli Stati (quindi l'Italia) saranno responsabili unici, inefficienze, ritardi e ostruzionismi compresi.
Nessun commento:
Posta un commento