Riceviamo e pubblichiamo
Alla fine degli anni trenta e fino ai primi anni quaranta, la Piana di Sibari, dove vivo, era afflitta dalla MALARIA. Sebbene la “Bonifica”,con opere di imponente canalizzazione, avesse provveduto a prosciugare le paludi, l’anofele, quella micidiale zanzara, trovava ancora sacche di habitat e mieteva vittime, con febbri altissime, periodiche, che debilitavano e, spesso, avevano esito mortale. L’organo che più ne soffriva era la milza che cresceva a dismisura (megalosplenia). Pochi, oggi, conoscono la virulenza di questa malattia di cui morì, allora, il grande ciciclista Fausto Coppi, che l’aveva contratta, insieme con Rafaël Geminiani, in Africa, in occasione di un avvenimento sportivo. Al rientro in Francia, i medici, esperti in malattie tropicali (allora la Francia era in possesso di colonie), diagnosticarono subito la malaria e Geminiani si salvò. I medici di Tortona che avevano in cura Fausto Coppi, inesperti di malaria, lo curarono per un’influenza asiatica. E Coppi fu la più illustre vittima della malaria. A pensarci, se l’avesse avuto in cura un qualsiasi modesto medico della mia zona, si sarebbe salvato poichè ormai era diffuso il rimedio. Nell'estate del '44 fui vittima dei consueti attacchi di malaria che, come al solito, si cercava di combattere con massicce dosi di chinino che, purtroppo, era soltanto un blando e inefficace palliativo. Avevo undici anni. Ero ridotto uno scheletro. Mio cugino Nino, figlio di farmacista, che studiava medicina a Bari, aveva fatto amicizia con un soldato americano che era responsabile del deposito medicinali della 5ª Armata americana. Allora il fronte di guerra si era attestato, non lontano, sulla famosa “Linea August” che si sviluppava sulla direttrice Ortona-Montecassino-Formia. Fu per via di quel soldato americano che Nino riusciva a rifornire di medicine la farmacia paterna, compresi i più recenti ritrovati tra cui, grande novitá, la penicillina, quel “portentoso” farmaco che debellava tutte le infezioni. Quando mi vide in quelle condizioni, rimase shockato. Scappò a casa a rovistare tra quei medicinali americani e trovò quel che cercava. Tornò trafelato e mi somministrò una minuscola pilloletta gialla, contenuta in una scatola metallica dal classico color militare kaki. Si chiamava, allora, e ancora oggi si chiama, ATEBRIN. Dopo due giorni ero sfebbrato e guarito. Miracolo? No. Tutto era dovuto all'effetto della "Guerra".
Gli americani, impegnati nella GUERRA NEL PACIFICO, subivano, negli acquitrini delle giungle paludose di quelle isole, più vittime per la malaria che per le pallottole giapponesi. La malaria non era, fino a quel momento, un problema per gli americani, essendo negli Stati Uniti una malattia inesistente e quasi sconosciuta. L’impellenza bellica li costrinse ad interessarsi del problema. L'efficientismo americano non si fermó un attimo e, con la massima urgenza, il Pentagono commissionò all’industria farmaceutica privata la ricerca di un farmaco che potesse eliminare quel grave flagello che decimava i suoi marines. La risposta fu rapidissima e l'esercito americano si dotò, per motivi squisitamente bellici, di un “miracoloso” farmaco. Sull'onda di quella fortunata ricerca, io salvai la pelle, non per le preghiere che mia madre rivolgeva al Signore ma per quei dollari spesi per finalità prettamente militari. Ma quei soldati americani, oltre a portarci l’ATEBRIN che curava quella malattia, ci portarono anche un provvidenziale efficacissimo insetticida che irrorato in abbondanza sui canali e sulle acque stagnanti delle nostre pianure, eliminò definitivamente anche la causa della piaga MALARIA, distruggendo l’ANOFELE, quella micidiale zanzara che tanti lutti aveva fino ad allora causato. Si chiamava DDT che è l’acronimo di DICLORO DIFENIL TRICLOROETANO. Il DDT entrò in uso negli Stati Uniti nel 1942 e, durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale, si dimostrò un potente alleato dell’esercito perché venne utilizzato per sterminare gli insetti responsabili di malattie quali tifo, febbre gialla e malaria che infestavano le giungle del Pacifico provocando strage e morte tra i soldati. Della formula chimica del DDT, oggi, è vietata la produzione ma resta che, allora, eliminò anche la causa della secolare piaga della Malaria. Ed io non posso che ringraziare quella guerra che ebbe, come gradito effetto la mia insperata sopravvivenza. E, in fondo, anche tu, lettore, dovresti essere grato a quella guerra che ha, definitivamente, eliminato una piaga della cui aggressività oggi, inconsapevolmente, sei esentato, godendo dei benefici di quella guerra. Non fraintendetemi, vi prego. Probabilmente non sarò quel che correntemente viene definito un “pacifista ad oltranza”ma, credetemi, amo la PACE molto più dei tanti impegnati “pacifisti a tempo pieno”, specialmente quando questa deriva da alcuni innegabili effetti positivi della GUERRA. Del resto, fateci caso, intanto esiste la parola PACE, in quanto esiste la parola GUERRA. E non possiamo invocare la prima senza tenere conto dell’ineluttabile derivazione dalla seconda. Paradossalmente, non avremmo la Pace se non esistesse la Guerra.
Ernesto Scura
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